Caduta libera Stampa E-mail

Nicolai Lilin

Caduta libera

Einaudi, pagg.330, Euro 21,00

 

lilin_caduta  IL LIBRO - La guerra cecena come specchio di ogni guerra contemporanea. Questo è il racconto di chi l'ha combattuta facendo il cecchino in un gruppo d'assalto. Un libro che ti appare, prima, spietato e terribile, poi semplicemente vero. Perché ti mostra come l'uomo possa essere condotto oltre l'uomo, in un inferno molto terreno dove non esistono né il bene né il male.

  Chi ha scritto queste pagine, raccontando ciò che ha vissuto, non è un cecchino. Ma ha fatto il cecchino per due anni di servizio militare in un gruppo d'assalto dell'esercito russo durante la Seconda campagna cecena. Non sempre si è ciò che si fa. L'uomo dovrebbe essere più di ciò che fa. Ma ciò che fai può essere così orribile da cambiare ciò che sei: un uomo.
  La guerra che in queste pagine vedi - perché l'equipaggiamento simbolico di Lilin è soprattutto visivo, come quello della gran parte di noi - non ha orizzonti, né ideologie, né complesse visioni del mondo. Tutto è ravvicinato come attraverso il cannocchiale di un fucile di precisione. Ma è proprio tale assenza di prospettiva a rendere queste pagine terribili più grandi degli eventi che raccontano. Così, la guerra che vedi non è solo quella cecena, ma è la guerra come la si combatte oggi in ogni parte del mondo. Quella senza politica, senza dichiarazioni ufficiali, senza il teatro dei media. Ma con tutta la tecnologia disponibile. E ogni tecnologia - se togli l'uomo come accade in guerra, se togli non solo la pietà ma anche l'etica - si riduce a strumento bellico.
  Il gruppo di sabotatori raccontato da Lilin con un aurorale talento di narratore non si trova su un fronte, ma nel caos dell'azione in prima linea o dietro le linee nemiche. Gli uomini sono per lo più arruolati contro la propria volontà e combattono per la propria sopravvivenza contro il nemico e contro i traffici del proprio Comando. Fra le case, nei cortili, sul fianco di una collina, nelle fogne o all'interno di una moschea.
  I nemici sono semplicemente gli «arabi» - come vengono chiamati senza distinzioni e in un assurdo guazzabuglio «ceceni, musulmani, afghani, talebani, terroristi o combattenti di qualunque fede politica» - che bisogna annientare senza pietà ma soprattutto senza esitare, pena la vita. L'unica lealtà possibile è quella primitiva verso il compagno nel gruppo assediato dal mondo di fuori. Si uccide con armi ad alto potenziale o di precisione, ma anche con il pugnale o con una pistola appoggiata alla nuca. E il corpo del nemico fatto a pezzi diventa manichino. Chi lo guarda, per poter sparare meglio si è appena trasformato in una pietra senza respiro e senza vita e ora posa su di esso uno sguardo estetico. E tu capisci che l'uomo non c'è più. Provi orrore quando Lilin non confessa, ma semplicemente dice di aver provato piacere a uccidere, la «gioia» dell'assassino addirittura, ma ti rendi conto di essere di fronte a un frammento di verità.
  Ogni guerra, qualsiasi guerra se la vedi senza i filtri dei princìpi o delle ideologie, è come questa. Ed è così per le vittime come per i carnefici. Porta l'uomo oltre l'uomo, sì, al di là del bene e del male. Tutto il resto è letteratura.

  DAL TESTO - "A un certo punto, però, ci siamo accorti che i nemici erano entrati in una piccola costruzione, una specie di casetta circondata da un recinto semidistrutto. Da lì hanno sparato due raffiche lunghe verso di noi: ho sentito le pallottole finire contro il muro della casa accanto a me. Mosca allora ha risposto al fuoco con un lanciagranate: la loro copertura è esplosa e quattro o cinque sono rimasti sotto le macerie. Il resto del gruppo ha cominciato a scappare, ma sono ancora riuscito a piantare una pallottola nella schiena di uno, l'ho visto chiaramente cadere per terra senza vita.
  "Abbiamo ripreso a correre, raggiungendo subito i nostri. Tutti quanti insieme stavamo superando una via, quando da sopra un palazzo è arrivata improvvisa una raffica di mitra pesante: due fanti sono caduti, quasi spezzati a metà da quelle pallottole potenti. Altri avevano addosso il loro sangue, e il mitra continuava a sparare.
  "Il soldato Ustinov, il giovane cosacco, trasportava insieme a un compagno il fante ferito alla testa: una raffica li ha presi in pieno. Il ragazzo ferito si è letteralmente aperto in due: il suo corpo è esploso, facendo un rumore forte come quando scoppia un pneumatico. L'altro fante si è preso una pallottola nel petto e per un po' ha continuato a correre, però la sua testa era già quasi del tutto girata all'indietro; dopo qualche metro è caduto a terra morto.
  "Ustinov era rimasto ferito a una gamba, e sanguinava. Suo padre e il cugino sono riusciti a rifugiarsi in un edificio vicino, passando dalla finestra; insieme a loro c'erano altri dei nostri e alcuni fanti. lo e il resto del gruppo invece siamo entrati nella casa di fronte".


  L'AUTORE - Nicolai Lilin è nato nel 1980 a Bender, in Transnistria. Nel 2003 si è trasferito in provincia di Cuneo, dove fa il tatuatore, avendo studiato per tanti anni i tatuaggi della tradizione criminale siberiana e imparato le tecniche e i codici complessi che li regolano. Presso Einaudi ha pubblicato i romanzi Educazione siberiana (2009), tradotto o in corso di traduzione in diciassette Paesi, e Caduta libera (2010), entrambi scritti direttamente in italiano. Educazione siberiana diventerà anche un film di Gabriele Salvatores prodotto da Cattleya.

  INDICE DELL'OPERA - Caduta libera - I «pipistrelli» dei paracadutisti - Chiediamo il fuoco su di noi - Nessuno lo saprà mai... - Ordine costituzionale - Il respiro del buio