Etica criminale. Fatti della banda Vallanzasca Stampa E-mail

Massimo Polidoro

Etica criminale. Fatti della banda Vallanzasca

Edizioni Piemme, pagg.462, Euro 17,90

 

etica_criminale.jpg   IL LIBRO – Una soffiata, non poteva che essere andata così. È per questo che gli sbirri hanno voluto rivoltare la sua cella come un guanto e hanno trovato la pistola e il telefonino. Era tutto pronto, il piano filava liscio come l’olio. L’aveva già fatto, era scappato da una nave come una sardina che sguscia dalla rete, e valla a ripigliare una sardina nel mare. E invece un infame ha parlato, e adesso gli tocca il carcere duro.

  È capodanno. Fuori, un ragazzetto fa scoppiare gli ultimi botti. Dentro, Renato Vallanzasca attende gli agenti che hanno l’ordine di scortarlo all’Asinara. E firma la resa, anche con sé stesso. Fine della corsa, alt, si scende. Era iniziata trent’anni prima. Milano, il centro e la periferia, l’insofferenza per l’autorità e la scoperta precoce della vocazione. C’è chi nasce per fare lo sbirro, chi per diventare Madre Teresa di Calcutta. “Io sono nato ladro”. Famiglia normale. Debutto “criminale” a otto anni: assalto alle gabbie di un circo per liberare gli animali. Le sbarre gli hanno sempre fatto schifo. Studi di ragioneria e furti nelle ville sul lago, quelli gli vengono meglio. Poi la prima banda, le rapine, le banche, i soldi facili, le donne. Sparatorie, carcere e rocambolesche evasioni. La leggenda del “Bel René”, il fascino del rapinatore gentiluomo che resiste a omicidi e rapimenti, e anzi si ingigantisce. Sempre in fuga. Sempre in gioco seguendo la sua etica del crimine, le regole, per cui due cose su tutte non si possono perdonare: trafficare con la droga e tradire. Ma adesso il gioco è finito. Il conto è quattro ergastoli, duecentosessanta anni di carcere. È il capolinea, è arrivato, e non si può fare finta di niente. Se mai uscirò – si dice – questa volta sarà da uomo libero. Perché magari è lui che si è rincoglionito, ma certo quelli del suo mondo non li capisce più, non li conosce più. Quelli, la malavita di oggi, sono del tutto inaffidabili. Quelli non rispettano le regole.

 

  DAL TESTO – “L’eccitazione era a mille. Renato non aveva mai visto vere belve feroci, nemmeno allo zoo, e non aveva certo intenzione di aspettare lo spettacolo. Così, con il fratellino si era messo a fare il giro del tendone ed era arrivato sul retro, dove, tra i camion, erano state sistemate le gabbie degli animali.

  “Tra inservienti che si muovevano indaffarati da una parte e dall’altra e curiosi di passaggio che avevano avuto la loro stessa idea, sembrava ci fosse più gente che bestie. Il tanfo di piscio ed escrementi era quasi insopportabile, la segatura sparpagliata ovunque non serviva a molto. Ma la vera delusione arrivò poco dopo, quando Francesco disse di avere visto il leone.

  “Corsero da quella parte, passando accanto a un recinto di capre, ma il re della giungla non sembrava avere proprio niente di regale né di feroce. Se ne stava stravaccato nella sua gabbia, con le zampe che gli penzolavano di fuori e la coda che ogni tanto si sollevava per scacciare qualche mosca. Le scimmie, poco più in là, restavano al coperto e uscivano solo quando qualche ragazzino gettava pezzi di pane nella gabbia. Barcollavano fuori con aria triste, prendevano il pane e sparivano di nuovo. E l’elefante, che sul manifesto sembrava gigantesco e maestoso, aveva l’aria dimessa ed era poco più grande del pony legato dentro un altro piccolo recinto. Di giraffe o coccodrilli nemmeno l’ombra.

  “Altro che belve feroci, erano ergastolani, ecco che cos’erano quegli animali. Condannati a vivere dietro le sbarre per il solo fatto di essere diversi. Diversi dalle galline, dalle mucche o dalle pecore. Ma era forse un crimine? Non c’era da stupirsi se dentro una gabbia anche il più esotico, il più feroce degli animali, con il tempo si trasformava in un peluche spelacchiato. Proprio come quelli che adesso avevano lì di fronte.

  “Renato, disgustato, stava già per trascinare via Francesco quando le urla attirarono la loro attenzione.

  “«Cretino!» strillava un tizio tutto rosso in viso e con i capelli impomatati. «Ma quanta carne gli hai dato? Non ti avevo forse detto che gli devi dare una bistecca alla volta? Una! Una sola alla volta! E tu gliene dai tre? Sei proprio un cretino!». Doveva essere il domatore.

  “Un ometto dalla pelle brunita annuiva a testa bassa, prendendosi senza fiatare gli insulti che l’altro gli scaricava addosso. Nella gabbia davanti a loro, una tigre smagrita azzannava le bistecche che teneva tra le zampe.

  “«Dai, adesso aiutami a riprenderle» disse il domatore. Si avvicinò alla gabbia con un forcone che infilò in una bistecca. Ma quando fece per tirarla via, la bestia allungò una zampa per trattenerla. Al che il domatore tirò fuori la frusta e iniziò a colpire la tigre sulla schiena. «Dai cretino! Dalle una bastonata sulla zampa, muoviti!»

  “L’ometto prese un bastone e cominciò a colpire la bestia per farle mollare la presa. La tigre ruggì per il dolore e ritirò la zampa ferita, lasciando che il domatore si prendesse la sua bistecca. La scena si ripetè ancora una volta per recuperare un altro pezzo di carne, mentre nuove mazzate finivano sul dorso dell’animale.

  “Renato non ci vide più. «Lasciala! Lasciala stare!» urlò.

  “«Ragazzino, vedi di girare largo» gli fece quel cornuto lanciandogli un’occhiataccia. Poi, tirò una frustata sul muso della belva, costringendola ad arretrare sul fondo della gabbia. Anche la seconda bistecca era stata recuperata.

  “Renato era rimasto a lungo a fissare la tigre che si leccava la zampa ferita e, in silenzio, le aveva fatto una promessa. “Quella che erano intenzionati a mantenere quella notte.

  “«Ecco, fermiamoci qui» disse Renato con il fiatone. Erano a una decina di metri dalle gabbie. C’erano poche luci accese, per il resto sembrava che dormissero tutti, uomini e animali.

  “Renato si sfilò la borsa da tracolla e tirò fuori la mazza e lo scalpello. “«Adesso mi raccomando, ci avviciniamo senza fare rumore». “Francesco, affannato per la corsa, annuì sveglissimo.

  “«Tu sollevi i paletti e apri i recinti dove ci sono le capre e il pony, mentre io mi occupo delle gabbie con le tigri e le altre bestie. Sei pronto?»

  “«Sì Renato!» disse il piccolo con coraggio.

  “«Allora andiamo» ed entrarono furtivi nel cerchio di luce che lambiva le gabbie. Il circo stava per vivere un inatteso fuoriprogramma”.

 

  L’AUTORE – Massimo Polidoro, scrittore, è docente di Metodo scientifico e Psicologia dell'insolito all'Università di Milano-Bicocca, collabora stabilmente con il mensile Focus ed è conduttore della serie TV Legend Detectives per Discovery Channel. Tra i suoi titoli, ricordiamo, Gli enigmi della storia, Cronaca nera e, negli USA, Final Séance e Secrets of the Psychics.

  Per scrivere Etica criminale Massimo Polidoro ha letto centinaia di documenti, articoli, carte processuali, ma soprattutto ha conversato a lungo con alcuni dei protagonisti di quegli anni e di quelle vicende, esponenti della mala, appartenenti alla “banda Vallanzasca”, poliziotti, cronisti, inquirenti, amici degli amici. Il risultato è non solo un’emozionante docu-fiction, ma un libro che lo stesso Renato Vallanzasca ha definito «sicuramente il più vicino alla realtà di tutti quelli che l’hanno preceduto».

 

  INDICE DELL’OPERA – Premessa – Badu ’e Carros. Domenica. 30 dicembre 1995, ore 14,00 – Educazione criminale. 1958-1969 – Badu ’e Carros. Domenica, 30 dicembre 1995, ore 14,30 – Guardie e ladri. 1970-1976 – Badu ’e Carros. Domenica, 30 dicembre 1995, ore 14,45 – Il mucchio selvaggio. Luglio-Novembre 1976 – Nemico pubblico numero uno. Novembre-Dicembre 1976 – Badu ’e Carros. Domenica, 30 dicembre 1995, ore 15,00 – Manù. Dicembre 1997 - Gennaio 1997 – Resa dei conti. Febbraio 1977 – Fornelli carcere dell’Asinara. Mercoledì, 7 gennaio 1996, ore 16,40 – Irriducibili. Febbraio 1977 - Giugno 1987 – Fornelli carcere dell’Asinara. Venerdì, 12 gennaio 1996, ore 13,30 – Canto del Cigno. Luglio - Agosto 1987 – Fornelli carcere dell’Asinara. Martedì, 7 febbraio 1996, ore 03,40 – Mai neppure lontanamente. Una nota di Renato Vallanzasca – Bibliografia – Ringraziamenti