Né vivi né morti |
Gianni Lannes
IL LIBRO – Correva il 14 marzo 1962 quando l'Hedia, un mercantile di 4 mila tonnellate varato nel 1915, battente bandiera liberiana ma di proprietà sotto copertura, della Compania Naviera General S.A. di Panama con recapito a Lugano presso il Banco di Roma, con diciannove marinai italiani e un gallese a bordo, scomparve al largo delle coste dell'Africa Settentrionale. Un messaggio radio lanciato dal comandante Federico Agostinelli di Fano, riferiva che la nave stava attraversando una tempesta forza 8. Il presunto naufragio della Hedia fu immediatamente accompagnato da voci contraddittorie, sospetti e soprattutto misteri. Alcuni ipotizzarono perfino il siluramento da parte di unità della marina militare francese, impegnata nel Mediterraneo a stroncare il rifornimento di armi al Fronte di Liberazione Algerino, magari frutto di un tragico errore. DAL TESTO – "Accursio Graffeo, nativo di Sciacca, in Sicilia impiegò due anni per riuscire a contattarmi. Alla fine, premiato dalla determinazione, anzi dalla cocciutaggine, mi pregò di risolvere il mistero della Hedia, mai più approdata in Italia. Lui, ora, è saldamente convinto che la sorte di quei marinai sventurati abbia incrociato il destino dell'Algeria e di Enrico Mattei. Addirittura il signor Graffeo a cui va riconosciuta una straordinaria collaborazione alla ricerca della verità, ha ipotizzato che il nome Hedia celi in realtà l'acronimo "Holding, Energia di Italia Algeria". Illuminante, no? Coincidenze? O astuto gioco del destino? Accursio mi ha raccontato che a bordo di quel bastimento varato nel 1915, c'era una volta suo zio Filippo: un giovane, come numerosi altri connazionali, che durante un viaggio di lavoro nel Mediterraneo, non aveva più fatto ritorno all'affetto dei suoi cari. La madre dello zio Filippo, Rosa Guirreri, nonna di Accursio, dopo aver navigato sotto il peso di un secolo di vita, ha recentemente spiccato il volo senza però mai rassegnarsi alla scomparsa del suo figliolo. Quanto a me, nel 1962 non ero ancora venuto al mondo." L'AUTORE – Gianni Lannes ha svolto per trent'anni, all'estero e in Italia, in prima linea, il mestiere di giornalista e fotografo libero e indipendente. Specializzato nel traffico criminale di esseri umani, armi e rifiuti pericolosi, ha lavorato per Rai e La7, e inoltre nei settimanali "L'Espresso", "Panorama", "Famiglia Cristiana", "Io Donna", "D la Repubblica delle Donne", "Il Venerdì di Repubblica", "Avvenimenti", "Diario". Ha scritto, inoltre, per i mensili "Airone", "La Nuova Ecologia", "Medicina Democratica", "Il Gargano Nuovo". Ha collaborato ai quotidiani "il manifesto", "Liberazione", "la Repubblica", "L'Indipendente", "l'Unità", "La Stampa", "Corriere della Sera". Dopo aver terminato la carriera giornalistica ha intrapreso quella narrativa. Più volte ha rischiato la vita su fronti di guerra, e ha subito alcuni attentati e minacce di morte. Dal 22 dicembre 2009 al 22 agosto 2011 ha vissuto sotto scorta della Polizia di Stato. Nel 2010 gli è stato conferito il premio internazionale all'impegno sociale, XVI Memorial "Rosario Livatino" e "Antonino Saetta", due magistrati assassinati dalla mafia. Ben quattro governi italiani non hanno dato alcuna risposta ai numerosi atti parlamentari sul suo emblematico caso. Dal 2012 cura il diario internautico (blog) "SU LA TESTA!" dove anticipa, racconta e approfondisce alcune delle vicende di cui scrive nei suoi libri. Ha pubblicato ì seguenti volumi "Nato: colpito e affondato" (2009), "Il grande fratello. Strategie del dominio" (2012), "Terra muta" (2013), "Nato. La strage del Francesco Padre" (2014), "Italia, Usa e getta" (2014), "La montagna profanata" (2015). INDICE DELL'OPERA - Caso aperto - Cronache sepolte - Lettere naviganti - Mattei e l'Algeria - Addio mistero - Fonti - Bibliografia - Appendice |