(Contro)rivoluzioni in corso (Limes n.3/2011) Stampa E-mail

(Contro)rivoluzioni in corso (Limes n.3/2011)

Gruppo Editoriale L’Espresso, pagg. , Euro 14,00

 

limes3_2011  Il n.3/2011 della rivista Limes prende in esame le turbolenze geopolitiche che stanno caratterizzando il Nordafrica e il Vicino Oriente.
  Secondo Jacques Charmelot, giornalista dell’Afp, l’Arabia Saudita “sfrutta il proprio peso finanziario, la propria influenza politica e i propri rapporti privilegiati con gli Stati Uniti per evitare che i cambiamenti in corso ne intacchino la struttura di potere, opaca e autoritaria. L'obiettivo di re 'Abdullāh è di riprendere in mano le redini di una regione in subbuglio”. Per stabilizzare la regione, “il malandato monarca ottantaseienne”, insomma, avrebbe allentato i cordoni della borsa.
  Lorenzo Trombetta
, studioso di affari siro-libanesi e corrispondente da Beirut per diverse testate nazionali e internazionali, dedica il proprio intervento alla situazione siriana. Il regime di Baššār al-Hasad sembra sull’orlo del collasso, sebbene tutte le potenze regionali abbiano interesse a salvarlo. L’articolo prende spunto dalla rimozione della statua di Hāfiz al-Asad avvenuta ad Hamāh il 10 giugno scorso: questa è “l'immagine simbolicamente più forte di quanto sta avvenendo in Siria: nell'anniversario della morte di al-Hasad, quando tutti gli edifici istituzionali del paese, persino nelle località più remote, vengono da anni ornati con striscioni che riportano le « frasi celebri» del duce combattente (al-qa'īd al-munādil), le autorità decidono di rimuovere una sua statua”.
  In Iran è l’ora della resa dei conti è il titolo dell’articolo di Nicola Pedde, direttore di Globe Research. Ahmadi-Nejad fu fatto presidente da una larga coalizione antiriformista. Dal 2005, il suo populismo messianico ha però minato l'autorità dei conservatori e della Guida suprema Khamenei. I quali ora preparano il contrattacco. Scrive l’Autore: “Dal 2005 in poi, c'è stata un'evidente complicità in alcuni ambienti giornalistici occidentali nel presentare sistematicamente Ahmadi-Nejad come un fedele e leale servitore della Guida. Una sorta di sua appendice politica, cui veniva delegata la gestione straordinaria della difficile transizione iraniana dopo il doppio mandato del presidente riformista Khatami. Questa visione, strumentale alla chiusura nei confronti dell'Iran e alla sua progressiva emarginazione politica ed economica, ha sempre posto l'accento sulle caratteristiche esasperate della retorica presidenziale, rinvenendovi l'impronta originale.”
  Marco Ansaldo
, inviato speciale del quotidiano la Repubblica, spiega invece che In Medio Oriente nulla si decide senza Erdoğan. Il premier turco, vittorioso nell’ultima tornata elettorale del 12 giugno scorso (“è la terza vittoria consecutiva del primo ministro, ormai da quasi dieci anni ininterrottamente al potere”), si profila ormai come leader regionale. E Ankara esercita sempre maggiore influenza nelle crisi in corso. Dalla Siria alla Libia.
  Anche Daniele Santoro, studioso di geopolitica turca, dedica attenzione alla Turchia “neogollista”. Egli ritiene che Ankara non abbia voltato le spalle agli Usa e all’Unione europea “per allearsi con i nostri peggiori nemici”. Evidenziando “i parallelismi tra approccio americano e strategie turche in Medio Oriente”, l’Autore spiega che la geopolitica neo-ottomana è complementare, non alternativa a quelle occidentali, in particolare riguardo all’Iran.