1888 Brahms a Bologna, Rimini e San Marino Stampa E-mail

Piero Buscaroli

1888 Brahms a Bologna, Rimini e San Marino
Divagazione sui viaggi in Italia del grande musicista tedesco
Seconda edizione accresciuta


Edizioni del Girasole, pagg.80, € 12,00

 

buscaroli brahms  IL LIBRO – La quinta discesa in Italia di Johannes Brahms nel 1888 ("il più bello di tutti i miei viaggi") è l'occasione con cui l'acume introspettivo di Piero Buscaroli scandaglia l'anima segreta del "musicista viaggiatore" per restituircene la poetica, svelandoci l'ispirazione italiana (oltre che tedesca) e il movente profondo della sua musica.
  Delle sue esperienze erotico-affettive mai lasciò trapelare alcunché. La riconoscenza somma per Robert Schumann, che lo aveva lanciato ai vertici del mondo musicale, impedì a Brahms - dopo la tragica scomparsa del maestro nel 1856 – di portare a compimento l'amore impossibile per la sua protettrice, la vedova di Schumann, Clara, pianista, concertista di grido, madre di 8 figli. Il "culto per Clara" fu sentimento determinante. Tanto che ogni suo progetto di ammogliarsi con altre donne sfumava regolarmente prima del fatidico sì. C'era reciproca venerazione tra Clara e Johannes. Di 14 anni maggiore, lei nelle lettere gli si firmava "la tua vecchia Clara". Quando morì a Francoforte nel 1896, Brahms (che allora era a Vienna) volle che il funerale fosse rinviato di un giorno per potervi partecipare. Furono 40 ore di viaggio zeppe d'imprevisti: Johannes giunse in ritardo, a cerimonia finita, appena in tempo per tre palate di terra sul feretro. L'immane faticata e il crollo psicologico compromisero la tempra robusta del musicista che sopravvisse meno di un anno, per essere sepolto accanto a Beethoven, o per raggiungere la musa adorata senza la quale resistere al male perdeva di senso. Questa eterna relazione, che si presume platonica e morbosa a un tempo, è forse la chiave intima per capire il Brahms viaggiatore. Esploratore curiosissimo, divoratore di opere d'arte e monumenti, instancabile camminatore, in continuo movimento tra Germania, Austria, Svizzera e Italia che visitò (1878, 1881, 1882, 1887, 1888, 1890, 1893) sette volte, Brahms optava di solito per compagni - e non compagne - di viaggio. Quasi quella passione non consumata ma realissima per Clara facesse di ogni viaggio una sublimazione amorosa. Ha origine lì la struggente malinconia brahmsiana che un acido Nietzsche interpretò come "impotenza"? E che traeva invece la sua forza drammatica dall'energico ripensamento del suo passato, dallo spaesamento istintivo tra i Wagner e Bruckner della sua contemporaneità, dal suo ossessivo scrutare indietro a Haendel o agli "antichi" come Buxtehude e Orlando di Lasso. Fino a guadagnarsi, dedicatagli da Hans von Bülow, l'etichetta delle "tre B" (Bach, Beethoven, Brahms) per uno straordinario successo popolare postumo.

  DAL TESTO – "Centro motore della passione di Brahms per l'Italia fu tuttavia l'amore per la pittura italiana, che gli fu non meno cara dell'adorata musica tedesca del passato. Widmann ha lasciato notizie preziose, senza neppur potersi rendere conto del valore che assumono per chi voglia scrutare l'immagine profonda di Brahms artista, e il ruolo che la sua coscienza storica, la più sveglia e realistica che mai compositore di musica possedesse, assegnava alla sua stessa presenza e operosità nel declino, ch'egli sentiva incombente, della sua arte.
  "«La radice del suo amore per l'Italia» precisa Widmann, era da ricercare «nella congenialità, di cui era segretamente consapevole, coi maestri del Rinascimento italiano». Aggiungerei che si trattava di una congenialità espressa in una duplice direzione: la nostalgia per la stagione aurea del primo Rinascimento, e l'identificazione coi tormentati epigoni. «Non che Brahms, che anche in mezzo agli amici assai di rado parlava di se stesso e delle sue opere, e osservava una commovente modestia mostrando anzi la più profonda venerazione per i grandi eroi del passato in tutti i campi dell'arte, si mettesse mai a paragonare le sue proprie opere con quelle degli artefici, le cui fabbriche, e sculture e pitture suscitavano il suo entusiasmo. Si arrivava, semmai, da soli a un simile paragone, nel constatare con quale raccoglimento s'immergesse nella contemplazione di queste opere; o quando lo si udiva lodare negli antichi maestri un carattere che tanto era sviluppato in lui stesso, la coscienziosità dell'elaborazione fino alle ultime minuzie, quella dedizione e diligenza dell'arte che si ritrova, per fare un esempio, sul tetto del Duomo di Milano, fino ai più ascosi angoli del labirinto marmoreo di quelle forse tremila statue."

  L'AUTORE – Piero Buscaroli (1930-2016), storico della musica, ha dato un contributo fondamentale agli studi scientifici, con 22 libri tra cui: per Mondadori "Bach" (1985), per Rizzoli "La morte di Mozart" (1996) e "Beethoven" (2004) nelle cui 1560 pagine ha corretto "154 errori" dei musicologi consegnando agli appassionati una nuova immagine del genio di Bonn. Con le Edizioni del Girasole aveva pubblicato "Le case di Beethoven" (1982) anticipazione del "monumento" successivo. Ha scritto nel 2010 per Mondadori "Dalla parte dei vinti. Memorie e verità del mio Novecento" e nel 2013 per Minerva Edizioni "Una nazione in coma".

  INDICE DELL'OPERA – Widmann, l'alter ego viaggiatore - Alla maniera del Parmigianino - "Lasciami godere l'Italia in santa pace" - Inserto fotografico - La Dotta e il Maestro - L'infuocato incontro con Martucci - L'enigma giocoso delle due cartoline - Nota biobibliografica sull' Autore, in retrocopertina - Nota dell'Editore, nei risvolti di copertina