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Franco La Cecla - Piero Zanini
Lo stretto indispensabile Storie e geografie di un tratto di mare limitato
Touring Club Italiano, pagg.324, € 18,00
Franco La Cecla e Piero Zanini, nel volume "Lo stretto indispensabile", propongono un'indagine originale e teoricamente densa sugli stretti marini come dispositivi antropologici e simbolici, interrogando questi passaggi geografici non soltanto nella loro dimensione fisica, ma soprattutto nel loro valore concettuale e culturale. Il testo si configura come un'opera ibrida, a cavallo tra saggio antropologico, riflessione geografico-politica e digressione letteraria, che si propone di decifrare la portata epistemologica degli "stretti" quali luoghi di attrito e di transito, di separazione e di connessione, di conflitto e di dialogo.
Il lavoro nasce dalla convergenza di due competenze affini ma distinte. Da un lato, l'esperienza di La Cecla – già autore di opere seminali sullo spazio come costruzione sociale, tra cui "Contro l'architettura" (2008) – apporta una visione antropologica orientata alla critica del pensiero tecnico e funzionalista. Dall'altro, la prospettiva di Zanini – noto per "Significati del confine" (1997), un contributo pionieristico sullo statuto simbolico e politico dei limiti territoriali – arricchisce la riflessione con una sensibilità spaziale attenta alle morfologie del potere e ai processi di territorializzazione. L'intesa tra i due autori si traduce in una scrittura a più voci coesa e dialogica, che attraversa con agilità saperi eterogenei senza cedere all'eclettismo fine a sé stesso.
Il punto di partenza concettuale è l'idea dello stretto come figura liminale: spazio intermedio che obbliga alla scelta, alla navigazione, al confronto con la possibilità (e il rischio) del passaggio. I riferimenti alla mitologia classica – in primis il transito omerico di Ulisse tra Scilla e Cariddi – non costituiscono semplici ornamenti letterari, ma indicano una precisa postura epistemologica: lo stretto è da sempre teatro di narrazioni, luogo di condensazione di tensioni archetipiche, nodo attraverso cui si ridisegnano continuamente le mappe del desiderio e della paura.
Gli autori propongono una lettura stratificata degli stretti, analizzandoli come palinsesti storici in cui si inscrivono conflitti geopolitici (Gibilterra, Hormuz, Malacca), economie transnazionali (Suez, Panama), mobilità forzate e migrazioni (Messina, Bering), ma anche immaginari letterari e cinematografici che ne amplificano la risonanza culturale. È evidente la volontà di sottrarre tali spazi alla pura descrizione geografica per restituirli a una dimensione relazionale, nella quale ciò che conta non è la distanza fisica tra le sponde, bensì la qualità e la densità delle interazioni che vi si giocano.
Il testo si fonda su un uso sapiente delle fonti, tanto accademiche quanto extratestuali. Accanto ai riferimenti a Marc Augé, Edward Said, Paul Virilio e Michel de Certeau – che costituiscono l'ossatura teorica implicita dell'opera – compaiono citazioni da scrittori come Joseph Conrad, Robert Louis Stevenson e Orhan Pamuk, la cui presenza non è decorativa ma funzionale alla costruzione di un discorso che tiene insieme sapere scientifico e immaginazione narrativa. In questo senso, "Lo stretto indispensabile" si pone nella scia di una antropologia capace di dialogare con la letteratura e la filosofia, evitando tanto l'aneddotica etnografica quanto l'astrazione teorica.
Un altro merito del volume risiede nella capacità di evidenziare la dimensione performativa dello spazio: lo stretto non è soltanto un dato, ma un processo, un campo di forze, una soglia in cui le categorie di identità, alterità, appartenenza e esclusione si ridefiniscono costantemente. Tale approccio consente agli autori di affrontare anche i temi più spinosi dell'attualità – come il controllo militare delle rotte marittime o la gestione securitaria dei flussi migratori – senza cadere nella retorica dell'emergenza o in semplificazioni ideologiche. L'analisi rimane costantemente ancorata a una metodologia critica rigorosa, che interroga i fenomeni nei loro aspetti simbolici, storici e materiali.
Particolarmente efficace è l'attenzione alla dimensione temporale degli stretti, considerati non solo come luoghi ma come tempi: tempi del passaggio, della sospensione, dell'attesa, ma anche della memoria e della proiezione. In questo senso, lo stretto si configura come cronotopo, per riprendere la celebre categoria bachtiniana, che permette di leggere in controluce le dinamiche del presente globale attraverso le lenti di una geografia instabile e plurale.
"Lo stretto indispensabile" rappresenta, insomma, un contributo significativo e innovativo alla riflessione contemporanea sulle spazialità liminali. La sua originalità risiede non solo nella scelta dell'oggetto – raramente affrontato con tale profondità – ma soprattutto nella prospettiva adottata, che combina sensibilità etnografica, lucidità teorica e attenzione agli immaginari. In un'epoca segnata da muri e confini, La Cecla e Zanini ci invitano a pensare gli stretti non come ostacoli, ma come luoghi di possibilità, dove l'attraversamento non è solo un gesto geografico, ma un atto culturale e politico.
La Redazione
9 settembre 2025 |