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Antonio Besana
Gli ultimi soldati dell'Imperatore I giapponesi che non si arresero dopo il 1945
Edizioni Ares, pagg.216, € 16,00
Nel panorama delle opere dedicate agli ultimi frangenti della Seconda Guerra Mondiale, il volume di Antonio Besana, "Gli ultimi soldati dell'Imperatore", propone un approccio ricco di dettagli storici e di riflessioni sui legami culturali e morali che hanno segnato la resistenza giapponese anche dopo la fine del conflitto. La narrazione si concentra su un aspetto peculiare, ma spesso trascurato, della storia militare del Giappone: la resistenza di piccoli gruppi di soldati giapponesi che, ignorando la resa dell'imperatore e i nuovi sviluppi geopolitici, continuarono a combattere per anni, alcuni fino al 1989. La proposta di Besana è una riflessione non solo storica, ma anche antropologica, che esplora la profondità della fedeltà al dovere, alla parola data e al codice d'onore che aveva segnato la cultura militare giapponese.
Il volume si inserisce in un filone già esplorato dalla storiografia giapponese e internazionale, ma si distingue per l'approfondimento delle singole storie personali e delle singole esperienze che hanno caratterizzato questi "ultimi soldati". La resistenza isolata e spesso tragica di questi soldati – che rifiutavano di accettare la sconfitta del loro paese – offre uno spunto di riflessione sulla psicologia della guerra e sulla difficoltà di accettare l'inevitabile, quando il senso del dovere e l'onore personale travalicano il ragionamento logico. Besana restituisce questo fenomeno con grande delicatezza, riuscendo a restare imparziale nei confronti della cultura giapponese, ma senza cadere nella facile retorica. Il suo lavoro si inserisce nel dibattito sulla guerra come evento complesso, fatto di storie individuali che trascendono la semplice "verità storica" per entrare nel dominio delle emozioni e delle esperienze vissute.
L'autore, con uno stile preciso e documentato, non si limita a narrare gli eventi, ma li inserisce all'interno di un contesto più ampio che comprende le ragioni culturali e filosofiche della resistenza giapponese. In particolare, si sofferma sul codice dei samurai, una tradizione che ha permeato l'intera struttura militare dell'Impero Giapponese, e che ha fatto sì che i soldati giapponesi non potessero concepire la resa come una scelta onorevole. È un racconto che, pur nell'ambito militare, esplora profondamente la morale e la psicologia dei soldati giapponesi, i quali non vivevano solo il conflitto come un atto di difesa nazionale, ma anche come una prova della propria integrità individuale e collettiva.
La struttura del libro segue un andamento che mescola testimonianze dirette, analisi storiche e riflessioni filosofiche, con l'intento di tracciare non solo il percorso di questi soldati, ma anche il quadro complessivo di una cultura che, nel 1945, si trovava a fare i conti con il suo tramonto e con una realtà mondiale profondamente cambiata. Il volume si apre con una cornice storica che inquadra il periodo finale della Seconda Guerra Mondiale, con gli eventi cruciali degli sbarchi a Iwo Jima e Okinawa, le devastanti esplosioni delle bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki, e il successivo appello alla resa formulato dall'Imperatore Hirohito. L'autore, però, non si limita a descrivere i grandi eventi, ma si concentra su ciò che accade nei giorni, nelle settimane e negli anni successivi a quella resa, in un contesto di solitudine, resistenza e, talvolta, follia.
Una delle doti che maggiormente emerge dal testo è la capacità di Besana di restituire la tensione emotiva e psicologica che doveva pervadere questi soldati, intrappolati tra il dovere verso il loro imperatore e l'incapacità di accettare la fine di una guerra che avevano combattuto fino all'ultimo. Besana esplora le motivazioni profonde che spingevano questi uomini a rimanere fedeli alla loro missione, anche quando le circostanze evidenziavano la loro totale illusione di poter ancora fare la differenza. La narrazione di Besana non si limita a evidenziare il dramma della resistenza, ma ne sottolinea anche la dignità e la determinazione, riservando una particolare attenzione alla condizione psicologica di quei soldati che, lontani dalle linee di comunicazione ufficiali, non ricevettero mai il messaggio di resa.
In particolare, il libro si sofferma sulle storie di due soldati, Hiroo Onoda e Teruo Nakamura, che si arrenderanno solo decenni dopo la fine della guerra, e che diventeranno simboli di una resistenza ormai priva di significato strategico, ma ancora carica di valenza simbolica. Besana tenta di comprendere le motivazioni che spinsero questi uomini a persistere nel loro impegno, con una prospettiva che va al di là della semplice vittimizzazione o del giudizio moralistico.
Inoltre, l'autore dedica una sezione alle riflessioni filosofiche e morali che la storia di questi "ultimi soldati" solleva, mettendo in luce la forza di un codice d'onore che ha segnato profondamente l'intera storia giapponese. La fedeltà al giuramento, il sacrificio per il bene dell'Imperatore, la perseveranza nonostante le condizioni ormai insostenibili, sono tratti distintivi che Besana esplora con una visione equilibrata, evitando facili condanne o strumentalizzazioni. È un approccio che arricchisce il libro, rendendolo non solo una narrazione storica, ma anche un'indagine sulle ragioni più profonde dell'essere umano in guerra.
La Redazione
15 settembre 2025 |