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Federico Giuliani
Pyongyang Ambizioni e quotidianità della città proibita dei Kim
Paesi Edizioni, pagg.136, € 14,00
Federico Giuliani, nel saggio "Pyongyang. Ambizioni e quotidianità della città proibita dei Kim", propone un'analisi visiva e narrativa articolata e penetrante della capitale della Corea del Nord, un luogo che, sebbene al centro delle dinamiche geopolitiche mondiali, è rimasto per lungo tempo avvolto in un velo di mistero e disinformazione. Attraverso un'accurata selezione di immagini e una riflessione critica, l'autore si sforza di offrire una rappresentazione il più possibile obiettiva di Pyongyang, cercando di scardinare le rappresentazioni semplificate e monolitiche che caratterizzano la narrazione occidentale sulla Corea del Nord. La sua è una sfida a decostruire il mito della città proibita, esaminando la complessità della vita urbana, sociale e politica sotto il regime della dinastia dei Kim.
L'opera mostra un approccio metodico e sobrio che rifugge le facili semplificazioni, proponendo un'esplorazione che non si limita alla critica dell'apparato ideologico e del suo gigantismo propagandistico, ma che penetra più in profondità nel tessuto sociale e nella quotidianità di Pyongyang. Giuliani, con un'attenzione quasi etnografica, affronta il tema della città non solo come spazio fisico e politico, ma come un microcosmo che riflette le ambizioni e le contraddizioni del regime. Attraverso il filtro delle immagini, l'autore restituisce una città divisa tra la monumentalità dei suoi edifici, progettati per impressionare e perpetuare il culto della personalità, e la realtà di una vita quotidiana che, pur gravata dalle rigide normative del regime, si dipana tra forme di resistenza sotterranea e adattamento.
Una delle peculiarità del testo di Giuliani è la capacità di evitare la tentazione della demonizzazione e della mitizzazione, cercando invece di restituire la complessità del sistema nordcoreano attraverso un approccio empirico. Le immagini, che vanno oltre il semplice reportage fotografico, sono utilizzate come strumenti per decifrare le relazioni tra spazio e potere. La monumentalità delle costruzioni di Pyongyang, che spesso appaiono desolate e spersonalizzate, non si limita a rappresentare una visione ideale di una società perfetta e ordinata, ma diventa il simbolo di una costruzione ideologica che non ha alcun reale fondamento nella vita materiale dei suoi abitanti. La città, progettata per stupire e generare un senso di invulnerabilità, si svela così come un palcoscenico vuoto, dove le apparenze camuffano le ferite di una società sotto pressione.
Giuliani esplora anche la dimensione più intima di Pyongyang, mostrando come la città, pur mantenendo una facciata di potenza e controllo, sia attraversata da una quotidianità fatta di restrizioni, censura e privazioni. Il contrasto tra la sfarzosità degli spazi pubblici e la grigia realtà delle vite individuali emerge con forza nelle fotografie, che spesso catturano momenti di normalità che sembrano fuori posto in un contesto tanto rigidamente controllato. La città appare così come un palcoscenico in cui i suoi abitanti recitano ruoli stabiliti dal regime, ma dove, nonostante tutto, permane una dimensione di adattamento umano, che si esprime nelle piccole resistenze quotidiane, nei gesti di disobbedienza silenziosa che non si manifestano apertamente, ma che sono palpabili nelle sfumature di quelle immagini.
Non meno importante è il modo in cui Giuliani riesce a fare emergere le contraddizioni del sistema, non solo dal punto di vista architettonico, ma anche nella sfera sociale e politica. La rappresentazione di Pyongyang come una città del regime è affiancata da una riflessione più profonda sul rapporto tra spazio e ideologia. Le scelte urbanistiche, che sembrano concepite per enfatizzare il potere assoluto della dinastia dei Kim, rivelano paradossalmente la debolezza strutturale di un regime che, pur disponendo di risorse per costruire una città monumentale, non riesce a garantire il benessere e le necessità di base della sua popolazione. La gestione delle risorse, la limitazione delle libertà individuali e la costante sorveglianza diventano così elementi chiave per comprendere la tensione tra la grandiosità dell'apparato statale e la miseria di una vita quotidiana segnata da restrizioni e sofferenze.
Pur non rinunciando a una critica verso il regime di Pyongyang, il testo non scade mai nell'eccesso o nel sensazionalismo. La sua analisi resta ancorata a una lettura realista della situazione, senza cedimenti alla retorica né alla distorsione delle informazioni. Con una narrazione precisa e ben documentata, l'autore offre una visione a più livelli della città, in cui l'elemento estetico si intreccia con quello politico e sociale, dando al lettore la possibilità di riflettere non solo sulle scelte del regime, ma anche sulle loro implicazioni nella vita di tutti i giorni.
La Redazione
30 settembre 2025 |