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Alessio Caliandro
Il Prete Gianni e la performatività del mito
Fallone Editore, pagg.160, € 23,00
Nel saggio "Il Prete Gianni e la performatività del mito", Alessio Caliandro affronta con rigore filologico e profondità teorica una delle più affascinanti e complesse figure del repertorio mitico medievale: il leggendario sovrano cristiano dell'Oriente, noto come Prete Gianni. L'opera si distingue per un impianto metodologico composito, che fonde la ricostruzione storico-documentaria con una riflessione teorica di matrice filosofico-linguistica, giungendo a una proposta interpretativa originale e ben articolata, fondata sul concetto di "performatività" del mito.
Fin dalle prime pagine, Caliandro si mostra attento nel delineare la genealogia culturale della leggenda, collocandola nel contesto specifico della seconda metà del XII secolo, a partire dalla celebre Lettera del Prete Gianni indirizzata all'imperatore bizantino Manuele I Comneno. Il testo epistolare, redatto da un autore ignoto ma dotato di una sorprendente padronanza della retorica politico-escatologica del tempo, funge da catalizzatore per una vasta e multiforme tradizione che si estende per secoli e attraversa diversi domini del sapere e dell'azione: dalla teologia alla geografia, dalla diplomazia alla letteratura fantastica. Caliandro analizza con accuratezza le modalità con cui tale documento viene accolto, reinterpretato e progressivamente incorporato nella visione geopolitica cristiana dell'epoca.
Particolarmente rilevante è la sezione dedicata alle testimonianze dell'«empirica» ricerca del regno del Prete Gianni. Caliandro passa in rassegna missioni, viaggi esplorativi, scritti di viaggiatori e cronisti — da Marco Polo a Giovanni da Pian del Carpine, da Giovanni di Montecorvino a missionari gesuiti in Etiopia — ricostruendo un mosaico documentario denso e stratificato. L'autore mostra come questa figura mitica abbia inciso sulle decisioni politiche ed ecclesiastiche europee, orientando l'immaginario collettivo verso un Oriente al contempo esotico e provvidenziale, ritenuto il rifugio di una Cristianità pura, non corrotta, in grado di restaurare l'unità perduta dell'Occidente cristiano.
L'elemento originale del saggio risiede, tuttavia, nella proposta interpretativa fondata sulla categoria della "performatività", intesa in senso wittgensteiniano e austiniano come potenzialità del linguaggio mitico di produrre effetti reali in un determinato contesto socio-culturale. Caliandro rifiuta una lettura meramente simbolica o allegorica del mito e insiste, con coerenza argomentativa, sul fatto che la credenza nel regno del Prete Gianni non fu soltanto un errore epistemologico o una superstizione medievale, bensì una costruzione semiotica attiva, capace di generare azioni concrete, decisioni politiche e pratiche culturali. In questo senso, il mito si configura non come narrazione passiva, ma come dispositivo produttore di realtà culturale.
La tesi centrale — ovvero l'idea che il mito del Prete Gianni abbia funzionato per secoli come mitologema rifondativo della Cristianità, offrendo un paradigma alternativo alla crisi della Cristianità latina — è ben sostenuta e sviluppata attraverso esempi puntuali e analisi coerenti. Interessante è anche l'ipotesi secondo cui la progressiva "demitizzazione" del Prete Gianni coinciderebbe con l'emergere di una nuova epistemologia della scoperta e della conoscenza geografica a partire dal XVI secolo, con l'affermarsi di un sapere più empirico e cartografico che delegittima progressivamente le fonti mitiche.
Il testo rappresenta, dunque, un contributo significativo e innovativo allo studio della funzione culturale del mito nella storia europea. Caliandro riesce a restituire la densità semantica di una figura spesso trattata con superficialità o relegata a curiosità erudita, proponendo invece una lettura dinamica e teoricamente fondata. Il volume si inserisce con pieno titolo nel dibattito contemporaneo sui rapporti tra mito, linguaggio e costruzione della realtà, ponendosi all'incrocio tra storia delle religioni, filosofia del linguaggio e antropologia culturale.
La Redazione
2 ottobre 2025 |