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Davide Conti
Il Generale Roatta Il passato rimosso del fascismo
Salerno Editrice, pagg.248, € 23,00
Nel volume "Il Generale Roatta. Il passato rimosso del fascismo", Davide Conti offre una ricostruzione storica minuziosa e rigorosa della figura di Mario Roatta, uno degli ufficiali italiani più controversi del Ventennio fascista e degli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale. Il libro si inserisce in un filone storiografico che indaga la complessità del passaggio dal Regime fascista alla Repubblica, mettendo in luce le ambiguità e le continuità che caratterizzano questo periodo. Conti, con un'analisi lucida e articolata, evoca un quadro che non solo approfondisce la carriera militare di Roatta, ma ne esplora anche la dimensione politica e morale, inserendolo in un contesto storico e sociale che si estende dalla Guerra Civile Spagnola alla tragica esperienza della Croazia occupata durante la Seconda guerra mondiale, fino alla difficile transizione post-bellica.
Mario Roatta, ex capo del Servizio informazioni militari (SIM), comandante della II Armata italiana in Jugoslavia durante l'occupazione italiana e uno degli uomini più vicini al Regime fascista, emerge dalla penna di Conti come una figura in grado di incarnare molte delle contraddizioni che segnarono il fascismo italiano. La sua carriera, che lo vide protagonista sul fronte spagnolo, dove comandò le forze italiane al fianco di Franco, ma anche nel cuore della strategia militare e repressiva del regime italiano in Jugoslavia, lo colloca al centro di eventi storici cruciali. L'autore restituisce l'immagine di un uomo impegnato in una "realpolitik" militare di stretta osservanza ai voleri del Regime, ma dotato anche di una grande capacità di manovra per assicurarsi un ruolo di preminenza, nonostante il contesto drammatico in cui operava.
Un punto focale della ricerca di Conti riguarda la Circolare 3C, il famoso ordine emesso da Roatta nel 1942, che sancì la sistematica eliminazione di partigiani e civili jugoslavi, una delle pagine più oscure della storia italiana nella Seconda guerra mondiale. Conti analizza il contesto in cui tali ordini furono emanati, riflettendo sulle responsabilità individuali e collettive che li accompagnarono. La Circolare 3C non è soltanto un documento di crimine di guerra, ma diventa anche il simbolo della brutalità del conflitto sui Balcani, dove le forze italiane, sebbene formalmente alleate con la Germania, operavano con una certa autonomia, spesso senza il coordinamento necessario con le autorità tedesche.
Uno degli aspetti più illuminanti del libro di Conti è la sua riflessione sul passaggio dal fascismo alla Repubblica e, in particolare, sul trattamento delle figure che avevano ricoperto ruoli chiave nel Regime. Roatta, come altri esponenti della gerarchia fascista, visse il dopoguerra come un periodo di opportunità politica, sfuggendo a processi e condanne per i crimini commessi durante la guerra, grazie a una serie di manovre politiche e alla protezione di una rete di potere che trovò nella continuità istituzionale post-bellica il suo terreno fertile. La sua fuga in Spagna, il proscioglimento ottenuto grazie all'amnistia del 1946 e il successivo definitivo proscioglimento nel 1948, sono eventi che Conti esamina con grande attenzione, per dimostrare come il "caso Roatta" diventi esemplificativo delle difficoltà italiane nel processare la propria eredità fascista.
La transizione verso la democrazia italiana, infatti, fu segnata da un ampio processo di amnesia collettiva, che consentì a molti esponenti del Regime di integrarsi nel nuovo assetto politico e istituzionale senza affrontare le proprie colpe. La continuità dello Stato, intesa non solo come un principio giuridico ma anche come una realtà politica e culturale, permise a figure come Roatta di mantenere la propria influenza, nonostante le gravi accuse di crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. Conti mostra come la difficoltà di giungere a una riflessione condivisa sulle responsabilità del fascismo abbia impedito all'Italia di compiere un vero processo di de-fascistizzazione.
La trattazione offerta da Conti non si esaurisce nell'analisi della figura di Roatta, ma si allarga a una riflessione più ampia sulla storia italiana del Novecento. L'autore esplora infatti la "continuità" dello Stato italiano, il quale, pur avendo rifiutato ufficialmente il fascismo, ha continuato a conservare al proprio interno numerosi elementi che ne derivano direttamente. La sua analisi della vicenda giudiziaria di Roatta, il cui processo per le attività nel SIM non arrivò mai a una condanna definitiva, diventa emblematica del ritardo con cui l'Italia affrontò la questione della sua memoria storica. Il "caso Roatta" diventa, così, una lente attraverso la quale osservare la nascita della Repubblica e la sua difficoltà nell'elaborare un'identità politica che si distaccasse davvero dalle eredità del passato fascista.
Conti non indulge mai in facili condanne moralistiche, ma offre un'analisi rigorosa che evidenzia le sfumature di una figura umana e politica complessa. La figura di Roatta, in questo contesto, diventa un simbolo delle contraddizioni di un'intera epoca, che continua a influenzare la politica e la memoria storica dell'Italia.
La Redazione
7 ottobre 2025 |