La rivoluzione conservatrice in Italia Stampa E-mail

Marcello Veneziani

La rivoluzione conservatrice in Italia. Genesi e sviluppo della «ideologia italiana» fino ai nostri giorni

SugarCo, pagg.317, Euro 16,53

 

revconservatrice.gif  A più di vent'anni dalla prima edizione (1987), questo pregevolissimo saggio di Marcello Veneziani mantiene intatta tutta la sua validità. Il volume ricostruisce l'origine dell'ideologia italiana e ne ripercorre le tappe più significative. Dall'analisi riaffiora una linea specifica del pensiero italiano, la linea della rivoluzione conservatrice italiana.

  L'Autore scrive che la "storia d'Italia, dall'unità nazionale in poi, può davvero spiegarsi sul piano delle idee, attraverso una marcata contrapposizione tra due linee fondamentali: una linea che si può definire della «ideologia piemontese» e un'altra linea che si può far risalire a quella che si è definita «l'ideologia italiana»".

  L'«ideologia piemontese» - l'aggettivo «piemontese» indica in questo caso la sua prevalenza originaria - affonda le radici nell'illuminismo, nello scientismo positivista e nel razionalismo "e si esprime in una concezione laica e immanentistica della vita e della storia". Tra i principali "rappresentanti" di questa ideologia troviamo Cavour e Giolitti, Gobetti e Gramsci, Agnelli e Valletta, Olivetti e gli Einaudi, «Il Politecnico» e Bobbio: "tutti nati a Torino e dintorni", sottolinea Veneziani.

  L'ideologia italiana, che trova nel Fascismo la sua espressione più compiuta, si caratterizza invece per i seguenti tratti peculiari: "l'idea dello Stato, ripresa dalla tradizione romana, che si differenzia dall'ideale anglosassone dell'individualismo politico o del popolo-razza; l'integrazione del Meridione nell'Italia, con la sua specifica caratura; la politica di espansione verso l'Africa che sposta il baricentro nazionale nel Mediterraneo e nel Mezzogiorno; il culto della romanità e del suo primato (imperium); l'attenzione verso la vocazione rurale e marittima dell'Italia, che peraltro convive con lo sviluppo sociale nel senso della modernizzazione. Infine il realismo spiritualistico come referente fondamentale della concezione politica fascista".

  Un altro aspetto che differenzia nettamente le due ideologie di cui sopra è il seguente: "l'ideologia italiana è la concezione di una civiltà che in prevalenza esporta i suoi valori in Europa e nel mondo; l'ideologia piemontese è al contrario il progetto di una società che in prevalenza importa i suoi valori dall'Europa e dal mondo".

  L'ideologia piemontese auspica "una Riforma secolarizzata, sul tipo di quella avviata da Lutero, sviluppata da Calvino, espressa nell'«individualismo» e descritta nel passaggio dall'etica protestante allo spirito capitalistico"; una "Grande Riforma intellettuale e morale, laica e modernista, industriale e sociale". L'ideologia italiana, al contrario, individua nella Riforma "un corpo estraneo rispetto all'Italia, una separazione dalle sue radici storiche e religiose, dalle sue tradizioni e dalla sua stessa «natura»". Curzio Suckert ravvisò, infatti, l'essenza del Fascismo nell'antiriforma, e Ardengo Soffici, "concordando con lui, attribuì la decadenza dell'Italia all'assorbimento del protestantesimo nelle nostre classi colte".

  "Nell'ideologia italiana - aggiunge Veneziani -, oltre a non verificarsi il rifiuto della dimensione sacrale e religiosa «tradizionale», si registra pure il recupero della vocazione «religiosa» sul piano della politica. Non sarà difficile scorgere accenti religiosi nella concezione della patria e della vita politica in un Mazzini e in un Oriani, in un Pascoli e in un D'Annunzio, e in generale in tutti i grandi protagonisti della «ideologia italiana»".

  Alfredo Oriani è la figura che sintetizza in sè "i tratti più significativi della rivoluzione conservatrice italiana, pur mancando forse della statura per esserne ritenuto l'iniziatore [...]. Egli è davvero una figura paradigmatica e sintetica di tutte le caratteristiche e le contraddizioni della rivoluzione conservatrice italiana. Rivoluzionario con punte anarchiche in gioventù, repubblicano e anticlericale, populista e socialista, egli matura in seguito un forte sentimento della tradizione e della nazione che si congiunge a una riscoperta della patria, della famiglia e dei valori dello spirito". Oriani fu caro a Mussolini, Gobetti, Croce e Gramsci.

  Un punto d'incontro tra l'ideologia italiana e quella piemontese può individuarsi nell'idealismo di Giovanni Gentile. "Il pensiero di Gentile - spiega l'Autore - è vivo e presente in Croce, in Gramsci e in Gobetti. D'altro canto, lo stesso Gentile è uno dei punti cruciali in cui si esprime l'ideologia italiana. Ma la sua costruzione teorica, separata dalla vocazione etica, religiosa e patriottica dell'uomo Gentile, può disporsi a un uso differente".

  Paradossalmente, secondo Veneziani, si cerca oggi negli scritti gramsciani "quel che già si trova (e che Gramsci ha trovato) in Gentile. L'idea di una filosofia impegnata nella storia e nella società civile, l'idea di una cultura «interventista», lo stesso concetto di nazional-popolare, potrebbero trovare in Gentile un riferimento più alto e più rigoroso, e certamente più congeniale per le sue innegabili valenze etico-religiose, alla cultura politica «di destra», rispetto al progetto gramsciano".