Lo strano caso di Fini e il suo doppio nell'Italia che cambia Stampa E-mail

Paolo Armaroli

Lo strano caso di Fini e il suo doppio nell'Italia che cambia
Tutte le anomalie della XVI Legislatura e oltre

Mauro Pagliai Editore, pagg.240, € 18,00

 

armaroli_fini  IL LIBRO – Con rigore scientifico e stile accattivante Paolo Armaroli ricostruisce le tante anomalie della passata legislatura: dalle due parti in commedia recitate da Fini, presidente della Camera e capopartito, agli "straordinari" ai quali è costretto Napolitano per sostenere le istituzioni, dal preannuncio di dimissioni dei governi Berlusconi e Monti, anticipatrici di quelle del Papa, a un Parlamento sempre più svuotato di potere dai decreti legge e dalla legislazione delegata.
  Come gli esami di Eduardo, da noi le anomalie non finiscono mai. Con la nuova legislatura inaugurata il 15 marzo siamo sprofondati dal transitorio nel precario, perché il bipolarismo non tiene più. E nei palazzi romani si aggira lo spettro di Weimar. Come nella Germania tra le due guerre, instabilità ministeriale e scioglimenti parlamentari anticipati possono condannare a morte la nostra fragile democrazia. E ancora una volta il Quirinale è chiamato a trovare la chiave del rebus della governabilità. Mentre Renzi medita la rivincita. Di qui la metamorfosi di una Repubblica nata parlamentare e inconsapevolmente diventata di fatto presidenziale per l'inconcludenza della classe politica. Grillo compreso.

  DAL TESTO – “Qui va chiarito un mistero. Perché mai quando sta per aprirsi la XVI legislatura Fini vuole, fortemente vuole, e ottiene senza che nessuno abbia nulla da ridire, la presidenza della Camera dei deputati? Il curriculum politico di Fini, com'è arcinoto, è di tutto rispetto. È stato segretario del Msi-Destra nazionale. Per tredici anni, dal 1995 al 2008, è stato presidente di Alleanza nazionale. Con Berlusconi è stato, dopo non poche perplessità (per usare un eufemismo), cofondatore del Popolo della libertà. E ottiene prestigiosi incarichi di governo nel secondo e terzo ministero Berlusconi: vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Come se tutto questo non bastasse, alla fine di gennaio del 2007 Berlusconi lo incorona suo successore nell'ipotesi di creazione di un partito unico, a costo di dispiacere alla Lega di Umberto Bossi e all'Udc di Pier Ferdinando Casini. Ciò nondimeno, si ritaglia un proprio spazio con la carica di presidente della Camera. Torniamo a ripetere: perché?
  “Se ripercorriamo la storia istituzionale della nostra Repubblica, ci rendiamo conto che diversi suoi predecessori quella carica formalmente prestigiosa non la pretendono ma, in qualche misura, la subiscono. Dopo le dimissioni di Saragat da presidente dell'Assemblea costituente, che a seguito della scissione di Palazzo Barberini aveva fondato il partito socialdemocratico in polemica con Pietro Nenni, unito ai comunisti da un patto di unità d'azione, Palmiro Togliatti pretende per uno dei suoi quella carica, dato che il Pci diventa dopo la predetta scissione socialista il secondo partito dopo la Democrazia cristiana. Ma il Migliore non candida un suo fedelissimo. No, preferisce fare il nome di Umberto Terracini, con il quale non ha una perfetta identità di vedute. E nel 1948 un'operazione per qualche verso analoga la fa Alcide De Gasperi a favore di Giovanni Gronchi, capo della corrente dei vespisti (Gronchi era di Pontedera, sede della Piaggio che lanciò la Vespa), non particolarmente tenera nei confronti dello statista trentino. Messi lì per essere ibernati in una carica onorifica ma di scarso spessore politico. E perciò insediati allo scopo di non disturbare più di tanto i manovratori.”

  L’AUTORE – Paolo Armaroli, per trent'anni professore ordinario di Diritto pubblico comparato nell'Università di Genova, dove ha insegnato anche Diritto parlamentare, e prima ancora docente di Storia delle Costituzioni nell'Università di Firenze, è stato deputato al Parlamento nella XIII legislatura - capogruppo di An alla commissione affari costituzionali, membro della giunta per il regolamento e della commissione bicamerale D'Alema per le riforme costituzionali - e componente del comitato di studio per la riforma dello statuto del Friuli Venezia Giulia. Autore di molti saggi sul referendum, sull'elezione e i poteri del presidente della Repubblica, sul governo, sul Parlamento e sul potere di grazia, ha collaborato come editorialista a «Il Tempo», «il Giornale», «La Nazione», «La Voce», il «Corriere della Sera», «Il Messaggero», «Libero». Attualmente è opinionista del «Corriere Fiorentino» e componente della Consulta statutaria della regione Liguria.

   INDICE DELL’OPERA – Capitolo Primo. Come nel capolavoro di Stevenson (1. Una legislatura all'insegna delle stranezze - 2. Il perché di una scelta - 3. Francesco Crispi contro il signor Hyde - 4. Il fischietto dell'arbitro) - Capitolo Secondo. Dallo scranno più alto di Montecitorio (1. 8-9 giugno 2010. Quella votazione chiusa troppo in fretta - 2. 13-14 dicembre 2010. Il fallito assalto alla diligenza ministeriale - 3. 25 febbraio 2011. E Cicchitto invita Fini alle dimissioni - 4. 30-31 marzo e 5 aprile 2011. La censura al ministro La Russa - 5. 12-13 aprile 2011. Il bis in idem e l'attacco di Giachetti - 6. 21 giugno 2011. Fini smaschera la furberia di Cicchitto - 7. 5 luglio 2011. Il presidente deplora la norma salva Fininvest - 8. 20-21 luglio 2011. Quel voto irregolare sull'arresto di Papa - 9. 11-12 ottobre 2011. E la Camera affonda il rendiconto dello Stato - 10. La Lega e la presidenza degli organi di garanzia - 11. 12 giugno 2012. Una questione di fiducia moltiplicata per tre - 12. Un giudizio d'insieme sull'arbitro della Camera) - Capitolo Terzo. Così parlò extra moenia (1. 2010 - 2. 2011 - 3. 2012 - 4. 2013) - Capitolo Quarto. Pdl e Lega: Fini si dimetta (1. La giunta per il regolamento come l'albero di Bertoldo - 2. E la casa di Montecarlo arriva a Palazzo Madama - 3. Quelle promesse da marinaio - 4. La sfiducia "morale" e una manovra a tenaglia - 5. Perché il presidente non si può sfiduciare) - Capitolo Quinto. Le dimissioni dei presidenti delle Camere (1. Giuseppe Saragat - 2. Cesare Merzagora - 3. Sandro Pertini uno e due - 4. Amintore Fanfani) - Capitolo Sesto. Le tante anomalie della XVI legislatura (1. Le tre tesi di Fini a sua difesa - 2. Gli "straordinari" di Giorgio Napolitano - 3. I saliscendi dei governi Berlusconi e Monti - 4. Il Parlamento, un Principe senza scettro) - Capitolo Settimo. La neonata legislatura: dal transitorio al precario (1. Lo spettro di Weimar - 2. Il Quirinale e la chiave del rebus - 3. La rivincita di Matteo Renzi) - Indice dei nomi