Io n. 1211 Stampa E-mail

Dagmar Šimková

Io n. 1211
Nell'inferno delle carceri comuniste cecoslovacche

Edizioni Paoline, pagg.200, € 17,00

 

simkova_n1211  IL LIBRO – Il libro – autobiografico – racconta la sconvolgente vicenda di Dagmar, giovane infermiera cattolica che, in un pomeriggio autunnale, è prelevata dalla sua abitazione da sei uomini, portata a Praga e poi incarcerata. Trascorrerà in carcere 14 anni. Carcere preventivo a Budejovice in Boemia, dove la ciotola di cibo era introdotta nella cella dall’inserviente con la spinta del piede; carcere boemo di Pardubice, penitenziario di Písek, senza bagno; Železnovce; carcere praghese di Pakrác; Opava... Fame, freddo, maltrattamenti, insulti, celle di correzione, anche solo per essersi rifiutati di lavorare di domenica; filo spinato, isolamento, baracche buie e scalcinate, sconforto. I prigionieri sono privati della propria personalità, senza un attimo di riservatezza, sempre sull’orlo della pazzia.
  Quella di Dagmar è una storia intrisa di episodi di cruda violenza, da cui emerge la sofferenza della protagonista e di quanti sono stati come lei imprigionati, in quanto ritenuti dal regime comunista dell’Europa dell’Est dissidenti politici o rivoluzionari. Una storia narrata con realismo ma anche con accenti di vera poesia, tanto da trasmettere emozioni e speranza.
  Scrive Alessandro Vitale nell’introduzione: “Se la testimonianza di Dagmar Šimková presenta una peculiarità di estrema importanza, è proprio la recisa negazione del carattere “umanitario” e “di giustizia sociale” di sistemi politici come quello nel quale si è trovata a vivere, che si sono ammantati per decenni di un umanitarismo infondato, ideologico e pretestuoso, negato alla radice, nella realtà della politica e fin dall’inizio, dal loro inscindibile legame (ed essendone l’espressione più compiuta e coerente) con lo statalismo integrale del Novecento. […] Il valore di questo libro sta proprio qui: mette il dito impietosamente e con impressionante crudezza, come non mai, in una piaga inguaribile, in una contraddizione insolubile, e formula un’accusa senza appello, quella del carattere anti-umano di quel regime”.

  DAL TESTO – “Eravamo state messe faccia a faccia con qualcosa di nuovo, addirittura di sconosciuto. Era un complotto premeditato, scientifico, contro ciò che distingue un essere umano dalle altre creature. Infatti non si trattava neppure tanto di distruggerci fisicamente, quanto di calpestare il cervello dell'essere umano, la sua mente, attraverso la quale correvano senza sosta la bugia, il terrore e la propaganda, simili a tonnellate di elefanti al galoppo. Si trattava di strappare il cuore dal petto dell'uomo, di costringere la sua anima a una prostrazione servile e calpestarla e schiacciarla come fosse uno zerbino davanti alla porta di casa. Distruggere la coscienza dell'Io umano, perché cessi di esistere. Quando l'uomo perde coscienza di sé, il suo corpo non è più pericoloso. Può persino essere usato come uno strumento di lavoro a buon mercato. Per la sua manutenzione il corpo umano ha bisogno di minor cura di una macchina costosa. E continua a lavorare senza bisogno di componenti di ricambio più a lungo di una fresa o di una gru.”

  L’AUTRICE – Dagmar Šimková, nasce a Praga nel 1929 da una agiata famiglia della borghesia di Písek. Fervente cattolica, cresce in un ambiente culturalmente vivace e in seguito si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università Carlo di Praga per dedicarsi allo studio della storia dell’arte e della lingua inglese. Il colpo di stato del febbraio 1948 e l’avvento del regime totalitario comunista in Cecoslovacchia sconvolge la vita della giovane che, a causa dell’estrazione borghese della sua famiglia, è costretta a interrompere gli studi e trova lavoro come infermiera in un ospedale di Písek. Nel 1952 viene arrestata con l’accusa di tradimento e spionaggio ai danni del regime e condannata a una durissima pena detentiva. Nel 1966 viene liberata e poco dopo si trasferisce a Perth in Australia, dove riprende gli studi precedentemente interrotti. In seguito, nonostante la passione per l’arte, si dedica soprattutto alla cura dei più deboli, collaborando con Amnesty International e lavorando come assistente sociale e psicoterapeuta nelle carceri. Muore a Perth il 24 febbraio 1995.

   INDICE DELL’OPERA – Introduzione – Prefazione – I. Il bastone del pellegrino – II. Il fruscio della seta – III. Una tazza di tè con lo slivovitz – IV. Tutti in gita – V. Pomeriggi accademici – VI. Umori, proteste e latrine – VII. Inferno – VIII. Pazzia collettiva – IX. Gabbiani – Postfazione - Ringraziamenti