Tra le rovine dell'impero sovietico Stampa E-mail

Almerico Di Meglio

Tra le rovine dell'impero sovietico

Università Popolare di Torino Editore, pagg.220, € 16,00

 

dimeglio rovine  IL LIBRO – Il 25 dicembre del 1991, Gorbaciov si dimetteva da Presidente dell'Urss, passando i "poteri" a Eltsin e i "codici delle armi nucleari'' a Shaposhnikov, in quanto comandante provvisorio delle Forze Armate della Comunità. Sul Cremlino veniva ammainata la bandiera sovietica e alzata quella della Federazione Russa. Il 26, il Soviet Supremo "scioglieva formalmente l'Urss", le cui istituzioni ufficiali avrebbero "cessato di operare" del tutto entro il 2 gennaio del 1992. Il 30 dicembre del 1991, nel "Vertice di Minsk" i Presidenti degli undici Stati aderenti alla Comunità, mentre si accordavano sul "comando congiunto delle forze nucleari", mantenevano nettamente separate, sia le "armi convenzionali" rispettivamente in dotazione, sia le "forze armate" di ciascun Stato. Così, poco dopo la fine dell'Impero Esterno, con la "dissoluzione dell'Urss", finiva pure l'Impero Interno. Non era stato possibile mollare l'uno per salvare l'altro. L'enorme grandezza delle dimensioni complessive era stata un "elemento di forza", ma, alla lunga, si era rivelato anche un limite, un "fattore di intrinseca debolezza" che avrebbe portato all'"implosione dell'insieme".

  DAL TESTO – "La notte fra il 7 e l'8 dicembre 1991 in Bielorussia veniva sciolta l'Unione Sovietica e nasceva una nuova entità slava. Negli stessi momenti a Tashkent preparavo, dopo tanto girovagare tra le rovine dell'impero, i bagagli per rientrare finalmente a Mosca con l'unico reportage "complessivo" dalle repubbliche che un giornalista avesse potuto compiere nel caos di un Paese che si sfaldava.
  "Mi aveva accompagnato Giuseppe D'Amato, che avevo incontrato il 20 agosto, tra le barricate della "Casa Bianca" in cui s'era asserragliato Boris Eltsin per resistere al putsch dei vetero-comunisti, tutti collaboratori "infedeli" del presidente sovietico Michail Gorbaciov.
  "Quella mattina dell'8 dicembre 1991 arrivammo a Mosca alle 10, cioè esattamente alla stessa ora in cui eravamo partiti dall'Uzbekistan. Miscia, il tassista che ci accompagnava in città, aveva appreso dalla radio che l'esperienza sovietica era finita. Il destino aveva voluto che giungessimo alla nostra ultima tappa in contemporanea con il collasso definitivo della superpotenza comunista.
  "La crisi ucraina scoppiata nel 2013 ha dimostrato che le tematiche ex sovietiche rimangono di grande attualità. Il racconto del viaggio di allora è stato arricchito con i necessari approfondimenti."

  L'AUTORE – Almerico Di Meglio (Napoli, 1948) giornalista professionista dal 1981, già inviato speciale all'estero e notista di politica italiana. Vive tra Napoli, l'isola d'Ischia e Parigi. Ha fatto parte dal 1979 al 2009 della redazione de Il Mattino di Napoli. Caposervizio e inviato della Redazione Esteri ha scritto da molti Paesi: dall'Europa dell'Est e dell'Ovest divise dalla Cortina di Ferro agli Stati Uniti e al Canada, dall'America Latina all'Africa Australe e del Nord, dall'Asia centrale e segnatamente dall'ex Unione Sovietica. Successivamente ha lavorato alla Redazione Politica. È esperto di relazioni Est-Ovest, di questioni geopolitiche e geostrategiche. Centinaia le interviste: capi di stato e di governo, ministri, personalità della politica, della cultura, dal segretario del Pcus Mikhail Gorbaciov a dirigenti e personalità delle repubbliche ex sovietiche, dai ministri della Difesa Usa Weinberger e Carlucci ai leader del Sud Africa nel decennio che ha preceduto l'abolizione dell'apartheid. E' stato testimone di eventi storici come il primo trattato di disarmo nucleare al vertice Reagan-Gorbaciov di Washington; il crollo del Muro di Berlino; la fine di Ceaucescu; il confronto politico e armato in Africa australe fino all'abolizione dell'apartheid e alla liberazione di Mandela in Sud Africa; lo sgretolarsi dell'impero sovietico (il cui capitolo finale fu il reportage dalle ex repubbliche dell'Urss che si svolse dal fallito golpe di agosto allo scioglimento dell'Unione Sovietica nel dicembre 1991); l'attacco del terrorismo islamico agli Stati Uniti; il semestre di presidenza italiana dell'Ue all'indomani della moneta unica e con l'allargamento dell'Unione all'Est. Una profonda amicizia lo ha legato a François Fejtö. Ha partecipato a numerosi convegni promossi da organizzazioni culturali e politiche, sedi diplomatiche, università. È anche autore di una raccolta di poesie.

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione, di Stefano Monti Bragadin – Premessa – 1. La "latina" Moldavia (Inizia la de-russifìcazione - Mircea Sengur: «Siamo come voi, aiutateci!» - Andrei Keptine: «Crisi insuperabile? Possiamo farcela» - Nel 1812 lo zar - Tra i ribelli del Dniestr - Iurie Roşca: «Basta Urss, uniamoci alla Romania» - Alexandru Moşanu: «No! È prematura la riunificazione con Bucarest» - Il risveglio spirituale: da 200 a 5.000 sacerdoti in tre anni) – 2. Kazakhstan, l'ex laboratorio dell'amicizia dei popoli (Alma-Ata, il "padre delle mele" - L'opposizione: «Stranieri in casa propria» - Erik Asanbaiev: «La nascita di un colosso» - In giro per l'immensa steppa kazakha - Burkitbaj Ajagan: «Siamo gli ultimi figli di Gengis Khan» - Patto con la Russia per il disarmo nucleare e per il futuro) – 3. Tagikistan, prove di guerra civile (Il Picco del Comunismo - Rahim Masov: «Condannati a vivere insieme» - Abdujalil Samadov: «Fondamentalisti islamici, noi?» - Gattopardi ai piedi del Pamir - "Montagne" di ricchezza - Una serata al ristorante "Michele Placido") – 4. Kirghisia, lo scienziato presidente (Uomini contro al crocevia di Osh - Il "miracolo" di Akaiev) – 5. Turkmenistan, lo "scatolone" di sabbia dell'impero (Miraggi tra i dromedari - Un sogno nel deserto) – 6. Armenia, terra di duri (Un fiume di sangue sui monti - Telman Gdlyan: «Gorbaciov? Un pessimo giocoliere» - La guerra non ferma il business - Tra i deputati: «Nel Karabakh difendiamo l'autodeterminazione» - Raffi Hovannisian: «Dalla California con un piano di pace») – 7. Georgia, bella ma frammentata (Ora il Libano è nel Caucaso - Tenghis Sigua: «Gamsakhurdia? Un dittatore» - Il Paese dei troppi condottieri - Besarion Gugushvili: «Se la democrazia marcia col fucile» - Da Roma a Pechino, via Tbilisi) – 8. Azerbaigian, il Paese del petrolio (Figli di Ataturk, non di Khomeini - Abulfaz Elcibej: «Iran, in guardia, stiamo per arrivare» - Defà Gulij-Zadé: «Vittime dell'"impero del male"» - Korkhmaz Imanov: «La rapina è finita» - Tutti d'accordo: «Mosca dietro le stragi») – 9. Ucraina, la culla della cultura slava orientale (Ucraini liberi, ma a metà - Vitold Fokin: «Ancora insieme, per il momento» - Grigorij Ptjatachenko: «Fratello russo, sei un Caino» - Guerra di religione - Ombre russe sulla Crimea. La penisola contesa tra Mosca e Kiev - Una nazione giovane mille anni - Storici ucraini: «Il comunismo è finito. Ci è costato 9 milioni di morti» - Parentesi all'aeroporto) – 10. Bielorussia, i "cugini" poveri (La nazione paziente che non si arrende mai - La complessa transizione verso un futuro incerto) – 11. Uzbekistan, il Paese del cotone (Rispunta il Triangolo d'Oriente - Aspettando la Fiat - Abdullah Ismailov: «Liberi a La Mecca» - Erk, il partito di opposizione, sogna un sistema democratico) – 12. La Russia, il Centro dell'impero (E la fuga da Mosca continua - Tra i giovani cova la rivolta - La ricetta del mago per diventare ricchi) - A colloquio con Dominique Moïsi – Appendice (A. Nascita, crescita e crisi di un Impero (1905-1989) - B. La dissoluzione dell'Urss (1990-1991)) - Scheda e carte URSS