La capanna nella vigna Stampa E-mail

Ernst Jünger

La capanna nella vigna. Gli anni dell'occupazione, 1945-1948

Guanda, pagg.288, Euro 20,00

 

juenger_capanna.jpg  IL LIBRO - Lasciare «tracce di luce sul gioco delle onde dei giorni vissuti», più come un «piacere che come un dovere». Sono le parole con cui, all’inizio di un nuovo anno, Ernst Jünger rinnova il proposito di tenere il diario, distillando in un’immagine il senso di questo libro.

  Bassa Sassonia, 11 aprile 1945 – 2 dicembre 1948: è il tempo della desolazione, in cui si piangono i propri cari o ci si consuma nell’incertezza della loro sorte. In balia degli umori degli occupanti, con la fame, il peso degli orrori che filtrano dai racconti dei prigionieri liberati dai campi di concentramento e dei nuovi profughi dell’Est che affollano le strade, si soffre l’umiliazione dell’isolamento e dell’unanime condanna internazionale, e si sperimenta una dolorosa fragilità.

  La resa incondizionata, la catena di esecuzioni e suicidi dei potenti della stagione appena conclusa (prima Mussolini, poi Hitler, Goebbels, Himmler), la capitolazione giapponese e le bombe su Hiroshima e Nagasaki; come pure il ripristino della corrente elettrica, la prima lettera ricevuta, la fioritura del giardino, il miracolo di un fossile che ci ricorda la vitalità e l’unità dell’universo al di là del tempo e dello spazio: ogni cosa viene puntualmente annotata. La resurrezione cui pian piano si assiste passa per le piccole cose, per una quotidianità di lavoro, letture, abitudini e affetti ritrovati o onorati nel ricordo (come il figlio Ernstel, caduto sul fronte italiano nel 1944); ma anche per un primo tentativo di valutazione di quanto è accaduto.

 

  DAL TESTO - "All'alba gli americani cominciano la ritirata. Si lasciano alle spalle il paese semidevastato. Siamo esausti, come i bambini dopo la fiera annuale con la sua folla, gli spari, le grida, i baracconi, la stanza degli orrori e i tendoni con l'orchestra".

  "In queste circostanze vidi chiaramente, ancora una volta, che la guerra ha un suo lato teatrale, di cui non si viene a conoscenza attraverso gli attiné tanto meno attraverso la storia. Come nella sfera privata, vi sono ragioni che si muovono in profondità e affiorano appena in superficie. Si apre concitatamente il fuoco sul circondario per fare rumore e disfarsi delle munizioni, e si può dire davvero, alla vecchia maniera, di essersi difesi «fino all'ultima cartuccia». Si mantengono le posizioni fino all'attimo in cui è ancora possibile retrocedere, si truccano i rapporti e si scompare come per incanto. Naturalmente sapevo che cosa aveva in mente quella gente mentre noi discutevamo su come difenderci, mi guardavo bene però dal darlo a intendere: ci sono circostanze in cui dobbiamo farci l'un l'altro ponti d'oro".

  "I prigionieri dei campi di concentramento riempiono le strade a pedita d'occhio. Chi aveva pensato che si sarebbero riversate sul paese orde di predoni ha sbagliato le sue previsioni, almeno per quello che posso giudicare da qui. Le persone mi paiono anzi contente, come dei resuscitati. Stamattina sono entrati in cortile sei ebrei, liberati da Belsen. Il più giovane aveva undici anni. Con meraviglia, con la brama di un bambino che non aveva mai visto niente del genere, sfogliava dei libri illustrati."

 

  L'AUTORE - Ernst Jünger (Heidelberg, 1895 - Wilflingen, 1998) studiò filosofia e scienze naturali all'università di Lipsia. Partecipò alla prima guerra mondiale e descrisse le proprie esperienze belliche in Nelle tempeste d'acciaio, un'opera che è stata spesso recepita come una glorificazione della guerra. Criticò la democrazia della Repubblica di Weimar, ma non appoggiò attivamente il Partito nazional socialista. Dopo la seconda guerra mondiale venne tuttavia accusato di connivenza con il regime. Intrattenne una fitta corrispondenza con molti noti intellettuali tedeschi, tra cui Carl Schmitt e Martin Heidegger. Intellettuale tra i più discussi del XX secolo, Jünger è noto anche per i suoi comportamenti anti convenzionali tra cui la sperimentazione dell'LSD.