Col diavolo in corpo Stampa E-mail

Osvaldo Guerrieri

Col diavolo in corpo
Vite maledette da Amedeo Modigliani a Carmelo Bene

Neri Pozza, pagg.319, € 19,00

 

guerrieri_coldiavolo  IL LIBRO – «Maudit»: quando Paul Verlaine scrisse per primo la parola non definì un carattere ma creò una specie. Diede cittadinanza ai crudeli, agli eccessivi, ai distruttivi e autodistruttivi che, come Arthur Rimbaud, affrontavano a muso duro il mondo con l’altera grandezza della loro arte.  
  Era il 1884. Da allora, diramandosi da Parigi, il maledettismo ha bruciato le frontiere e ottenuto ovunque il proprio scandaloso certificato di identità. In questo modo anche l’Italia ha potuto dare un nome a quei suoi artisti che, dinamitardi nell’animo, hanno sconvolto le regole, le tradizioni e perfino un modo di pensare. Questo libro è un viaggio all’inferno. Infernali sono state le esistenze di Amedeo Modigliani, Dino Campana, Carmelo Bene.
  Nel nome dell’arte essi non hanno esitato a distruggere quel che avevano intorno e ad annientare se stessi nutrendosi di utopie, di alcol, di droghe, di sesso. Passaporti per il paradiso creativo? Forse. In questo loro dannarsi non sono stati soli. Nella loro scia maledetta sono entrati lo scultore Vincenzo Gemito, il pittore Franco Angeli con gli amici romani di piazza del Popolo Mario Schifano e Tano Festa; gli scrittori Curzio Malaparte, Pitigrilli dalle otto vite, l’anarchico agro Luciano Bianciardi, Giancarlo Fusco che di vite se ne creava una per ogni interlocutore; gli uomini di spettacolo Walter Chiari e l’inventore misconosciuto della canzone d’autore: Piero Ciampi. A questi è necessario aggiungere un personaggio impensabile: la provincia italiana vista come inarrestabile incubatrice di maledettismo. Ne sono state espressione due donne: Elvira Bonturi, moglie di Giacomo Puccini, e Leonarda Cianciulli, che le cronache ricordano come la saponificatrice di Correggio.
  In forma narrativa e non saggistica, ma fedele alla verità documentaria, Col diavolo in corpo è perciò un catalogo di vite estreme, picaresche, scontrose e magari buttate al vento, vite d’esaltazione e di tormento, senza le quali, però, non sarebbe mai nata una certa idea del mondo, dell’arte, della letteratura e persino di noi stessi.

  DAL TESTO – “Chissà perché Piero amava così profondamente Livorno. Il quartiere nel quale nacque e crebbe era il Pontino a ridosso del porto. Apparteneva alla zona fortificata cinquecentesca, la prima a essere bombardata durante l'ultima guerra. Le sue strade portavano per lo più un nome di osteria o, misteriosamente, di donna: via Eugenia, via Adriana... Il Pontino era solcato da un intrico di fossi, scali e «cantine»: ovvero le rimesse sotterranee per le barche. Era una casbah abitata da piccoli commercianti e da ogni sorta di gente di mare, compresi gli «arrisicatori», i pirati del porto, coloro che, avvistato l'arrivo di un mercantile, salivano sui gozzi a gruppi di otto e andavano all'arrembaggio notturno del cargo, assicurandosi in questo modo il diritto di scaricarlo. Gli arrisicatori sparirono nei primi decenni del Novecento, ma la loro memoria sopravvisse a lungo. Per Ciampi, Livorno era un'isola. Una volta spiegò: «È la città più difficile per tutti. Perché a Livorno c'è tutta la contraddizione di questo mondo: ci sono gli americani, c'è il più grande Monte di Pietà che si possa immaginare, io ne so qualcosa. C'è una delle più numerose comunità ebraiche in Italia. A Livorno sono nati il Partito socialista e quello comunista e c'è anche una squadra di calcio che milita in serie C ma che meriterebbe lo scudetto in A. Ecco, io sono il Robinson Crusoe di questa isola che poi è un mondo».”

  L’AUTORE – Osvaldo Guerrieri è nato a Chieti e vive a Torino. È giornalista e critico teatrale de «La Stampa», attività per la quale ha ricevuto nel 2003 il Premio Flaiano per il Teatro. È autore dei romanzi L’archiamore, Un padre in prestito, Natura morta con violino oltremare, dei volumi di racconti L’ultimo nastro di Beckett e altri travestimenti e Alè Calai. Fra i suoi saggi teatrali  La Grecia in pantofole di Alberto Savinio in Le lingue italiane del teatro a cura di Tullio De Mauro.

   INDICE DELL’OPERA – Radici. Paris canaille - Crepino gli artisti - Si scrive maudit, si legge Modì. Amedeo Modigliani - 'O pazzo 'e Napule. Vincenzo Gemito - Sex Machine. Franco Angeli - Inchiostri di rabbia - Il poeta elettrico. Dino Campana - Un pavone per tutte le stagioni. Curzio Malaparte - L'efebo biondo. Dino Segre (Pitigrilli) - L'esilio agro di un arrabbiato. Luciano Bianciardi - Omero il marsigliese. Gian Carlo Fusco - Il mondo è un palcoscenico - Il ragazzo con la valigia. Walter Chiari - Nostro signore dei Turchi. Carmelo Bene - Cristo fra i bevitori. Piero Ciampi - Maledetta provincia - Dramma della gelosia. Elvira Bonturi e Giacomo Puccini - La strega del sapone. Leonarda Cianciulli - Indice dei nomi