Salazar e la rivoluzione in Portogallo Stampa E-mail

Mircea Eliade

Salazar e la rivoluzione in Portogallo

Edizioni Bietti, pagg.320, € 24,00

 

eliade_salazar  IL LIBRO – Lisbona, 1942. Da quasi un decennio, il professor Salazar è dittatore del Portogallo. La sua è una "rivoluzione spirituale", scrive Mircea Eliade, addetto stampa presso la Legazione di Romania, nella capitale, atta a reintegrare il Paese nella propria tradizione, invertendo di segno le forze che ne hanno retto la storia degli ultimi secoli. Democratismo, liberalismo, massoneria: è contro queste correnti che si è scatenata la controrivoluzione salazariana, nella costruzione di uno Stato cattolico, lusitano e corporativo. La genesi e le sorti di questo pamphlet, illustrate nei saggi che corredano la sua prima edizione italiana, ne fanno un documento d'eccezione per comprendere la storia del XX secolo, in un'ottica che non pretenda di scindere luci e ombre del "secolo breve", ma che lo affronti in tutte le sue maschere, secondo un metodo d'indagine scientifico e libero da pregiudizi.

  DAL TESTO – “Ciononostante, Salazar osava restare se stesso: era un dittatore non dimentico d'essere portoghese, cristiano e professore, che considerava la propria dittatura come un «sacrificio» compiuto per la propria stirpe, una «croce resa sempre più pesante dagli anni che passano» (9 dicembre 1934). Non ha mai inteso fare politica se non della direzione impostagli dalla propria coscienza. Ha sempre anteposto a tutto le realtà in cui credeva: Dio, il primato dello spirito, il Portogallo e la famiglia. Dittatore senza volerlo, ha fatto della politica quel che aveva fatto in precedenza dell'insegnamento, vale a dire lo strumento di perfezionamento morale e intellettuale delle giovani generazioni. Non era rivoluzionario perché a capo d'un regime politico, ma perché lo era da sempre. Da sempre - da quando cioè aveva scoperto nella famiglia e non nell'individuo l'elemento indissolubile della società; da quando si era persuaso che le ideologie liberali o socialiste fossero inefficienti in quanto inautentiche e costruite su astrazioni; da quando aveva osato parlare del ruolo della fede cristiana in un Paese i cui capi avevano promesso di estinguere il cristianesimo in due generazioni; da quando aveva osato affermare che le cose piccole e ben fatte fossero le uniche a poter cambiare il volto del mondo; da quando non aveva avuto timore di comparire davanti all'uditorio col testo della propria conferenza, iniziando a parlare un portoghese semplice e robusto, a volte aspro, ma comunque sempre preciso, portando fino all'eccesso il rispetto per la sfumatura esatta.
  “La stessa lingua di Salazar è un atto di reintegrazione nella tradizione classica portoghese, che i contemporanei non sentivano da molto, da quando nella vita pubblica erano subentrati arringatori e giornalisti. Senza cadere in ricercatezze, Salazar ritorna alla prosa robusta d'inizio Ottocento, scritta e parlata da uomini abituati a rispettare la parola data, che si sforzavano sempre d'esprimere ciò che pensavano. Indubbiamente, la sua prosa ha provocato inizialmente sconcerto, cosa del resto suscitata anche dalle sue idee, il suo stile di vita, la sobrietà, i silenzi, l'assenza di lussuria, di enfasi e di gaia ironia. Un uomo poco spiritoso come lui non viene considerato intelligente; un uomo taciturno non può essere simpatico; un dittatore che chiede risparmi è ritenuto privo di genio politico. Salazar sconcertava ed esasperava, ma continuava a badare tranquillamente al proprio lavoro. Sapeva ciò che voleva e dove stava andando: alla fine, la realtà sarebbe diventata evidente a tutti. La rivoluzione aveva bisogno, anzitutto, della continuità del regime; per questo, Salazar ha continuato a credere nella dittatura e a sostenerla. Non soltanto perché lui e i suoi collaboratori potessero lavorare in modo sempre più efficiente, ma anche perché non aveva dubbi sul fatto che la continuità garantita dalla dittatura avrebbe consentito al processo storico di svolgersi senza impedimenti, palesando agli occhi di tutti quelle realtà da lui intraviste e preannunciate.”

  L’AUTORE – Mircea Eliade (1907-1986) è stato uno dei più importanti storici delle religioni. Scrittore e saggista, professore di filosofia all’Università di Bucarest, ha vissuto in Portogallo dal 1941 al 1945, prima di stabilirsi a Parigi. Dal 1957 docente all’Università di Chicago, tra le sue opere ricordiamo Trattato di storia delle religioni (Bollati Boringhieri, 2008), Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi (Mediterranee, 2005), Storia delle credenze e delle idee religiose (Bur, 2008), Lo Yoga. libertà e immortalità (Rizzoli, 1999) e Un’altra giovinezza (Rizzoli, 2007).

  IL CURATORE - Horia Corneliu Cicortaş (1969) ha studiato filosofia all'Orientale di Napoli, dove ha conseguito il dottorato su Mircea Eliade e l'India. Ha tradotto, curato e pubblicato testi su autori romeni, tra cui Eliade e Cioran. Attualmente insegna Religioni dell'India al Centro per le Scienze Religiose (FBK) di Trento.

   INDICE DELL’OPERA – Premessa all'edizione italiana, di Horia Corneliu Cicortaş - Salazar e la rivoluzione in Portogallo – Prefazione - 1. Il Portogallo nel XIX secolo - 2. Gli studiosi e la rivoluzione - 3. La lotta tra i partiti - 4. Il regicidio e l'instaurazione della repubblica - 5. «Balbúrdia sanguinolente» - 6. La dittatura di Sidónio Pais - 7. Guerra civile - 8. Salazar: da Santa Comba a Coimbra - 9. Salazar: studente e professore a Coimbra - 10. Salazar: un giorno in Parlamento... - 11. La rivoluzione del 28 maggio 1926 - 12. Salazar: dittatore delle finanze - 13. Una rivoluzione spirituale - 14. Lo Stato salazariano - 15. Quindici anni dopo... – Bibliografia – Appendice - Il Portogallo visto da Mircea Eliade, di Sorin Alexandrescu - Lo specchio portoghese, di Horia Corneliu Cicortaş - Indice dei nomi