Il Principe Stampa E-mail

Niccolò Machiavelli

Il Principe

Donzelli, pagg.CXXII-350, rilegato, € 30,00

machiavelli principe donzelli  IL LIBRO – Da cinquecento anni il Principe funziona come una sorta di specchio nel quale non cessa di riflettersi la coscienza occidentale, proiettando sulle parole di Machiavelli ansie, ossessioni, speranze, paure. Politica e morale, mezzi e fini, il partito come moderno principe, l'emergere dello Stato, la politica come tecnica, i fantasmi del totalitarismo... In quanto presunto fondatore della modernità politica, Machiavelli entra obbligatoriamente in qualsiasi discorso filosofico sulla vita associata. Eppure, questo successo ha avuto un prezzo considerevole. Chiosato, interpretato, adattato e spesso anche violentato, il Principe ha troppo spesso finito per smarrire la propria fisionomia e assumere quella dei suoi ammiratori o detrattori. Questa edizione del cinquecentennale nasce precisamente dall'auspicio di favorire una nuova intimità con un grande classico più citato che letto, anzitutto giovandosi di una versione in italiano moderno appositamente realizzata da Carmine Donzelli. La traduzione accompagna, a fronte, il testo originale del Principe, mantenendo le idiosincrasie, il procedere spezzato, le peculiarità e – diciamolo pure – la bellezza della prosa machiavelliana, ma al tempo stesso scioglie gli inevitabili ostacoli linguistici e permette di avvicinarsi al testo senza le consuete difficoltà della prima lettura. Alla traduzione di Donzelli si aggiunge un vasto commento e un'altrettanto ricca introduzione di Gabriele Pedullà. Oltre a una nuova ricognizione sistematica degli autori classici e soprattutto umanistici utilizzati nel Principe (con decine e decine di scoperte che mutano, spesso in maniera decisiva, l'interpretazione), l'annotazione di Pedullà concede ampio spazio alle pratiche sociali e alle credenze diffuse indispensabili per comprendere il discorso machiavelliano: la giurisprudenza e la medicina, la teoria degli umori e l'astrologia, il sistema del mecenatismo, le convenzioni dei generi letterari, il principio di imitazione, le tecniche belliche, l'origine rinascimentale del debito pubblico, le ansie di rinnovamento religioso... Il lavoro di Donzelli e Pedullà si presenta dunque come un originale esercizio di filologia politica, che libera finalmente il testo del Principe dalle incrostazioni depositatesi nel corso di mezzo millennio con l'obiettivo di offrire ai lettori, al tempo stesso, un classico sottratto alle ipoteche ideologiche degli ultimi duecento anni e un'opera «fresca»: da leggere senza i pregiudizi che accompagnano quasi inevitabilmente il nome di Machiavelli. Affinché sul Principe possano proiettarsi le passioni del XXI secolo e non – come ancora oggi succede troppo spesso – quelle del XIX o del XX.

  DAL TESTO – "Lasciando dunque da parte, a proposito di un principe, le cose immaginate, e venendo a quelle che sono vere, dico che quando si parla degli uomini in generale (e in particolare dei principi, per il fatto che stanno più in alto), ad essi vengono attribuite alcune qualità che arrecano loro o biasimo o lode. Cioè a dire, qualcuno è considerato liberale, qualcuno misero - per usare un termine toscano, giacché avaro nella nostra lingua è colui che desidera di possedere anche per rapina, e noi chiamiamo misero colui che sta troppo attento a non usare il suo -; qualcuno è considerato prodigo, qualcuno rapace; qualcuno crudele, qualcuno pietoso; l'uno fedifrago, l'altro fedele; l'uno effeminato e pusillanime, l'altro feroce e rancoroso; l'uno umano, l'altro superbo; l'uno lascivo, l'altro casto; l'uno schietto, l'altro astuto; l'uno severo, l'altro condiscendente; l'uno serio, l'altro leggero; l'uno religioso, l'altro miscredente, e così via. E io so che ciascuno ammetterà che sarebbe cosa lodevolissima se un principe si trovasse ad avere, tra tutte le qualità soprascritte, solo quelle ritenute buone. Ma giacché non si possono avere tutte, né praticare fino in fondo, perché le condizioni umane non lo consentono, è necessario che un principe sia tanto accorto da saper sfuggire alla cattiva fama di quei vizi che gli toglierebbero lo stato, sapendosi guardare da quelli che non gliela tolgono, laddove possibile; e laddove impossibile, lasciandosi andare ad essi con meno scrupolo. E dunque, non si preoccupi di incorrere nella cattiva fama di quei vizi senza i quali difficilmente potrebbe salvare lo stato; perché, a ben considerare tutto quanto, si troverà qualche cosa che sembrerà virtù, e che invece se la seguisse sarebbe la sua rovina, e qualche altra cosa che sembrerà vizio, mentre se la seguirà gliene verranno sicurezza e benessere."

  L'AUTORE – Niccolò Machiavelli (1469-1527) è stato il pensatore politico europeo più radicale prima della Rivoluzione francese. A partire dal 1498 fu segretario della repubblica di Firenze e ambasciatore, oltre che l'ispiratore di un'originale riforma dell'esercito pensata per sostituire i soldati mercenari con una milizia popolare. Quando nel 1512 i Medici tornarono a Firenze, Machiavelli perse il proprio incarico e, accusato di congiurare contro di loro, venne incarcerato e sottoposto a tortura. Dopo l'elezione di Giovanni de' Medici a pontefice con il nome di Leone X, Machiavelli cercò di rientrare nel gioco politico persuadendo i nemici di un tempo a ribaltare il sistema di alleanze che li aveva riportati in patria, e a riprendere il suo progetto di riforma militare, fondando sul popolo in armi, piuttosto che sui «grandi». La sua proposta, affidata alle pagine del "Principe" tra la fine del 1513 e l'inizio del 1514, non venne ascoltata, ma negli anni successivi Machiavelli trovò ferventi ammiratori nei giovani aristocratici che si riunivano presso gli Orti Oricellari, persuadendoli della necessità di trasformare le istituzioni di Firenze in chiave neoromana e filo popolare. Attorno a queste conversazioni presero forma i "Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio", ma l'ambiente degli Orti Oricellari è ritratto da Machiavelli anche nell'unica opera politica da lui pubblicata in vita: l'"Arte della guerra" (1521), che difende ancora una volta il suo progetto di milizia. A partire da questo momento, e fino alla morte, la fama di Machiavelli sarebbe stata legata soprattutto alle sue opere letterarie: principalmente la commedia "Mandragola" e le "Istorie fiorentine". L'ex segretario si spense nel 1527, poco dopo che i Medici erano stati nuovamente cacciati da Firenze in conseguenza del sacco di Roma, senza che il "Principe", le "Istorie" e i "Discorsi" fossero stati stampati: cosa che avvenne solo tra il 1531 e il 1532.

  I CURATORI - Carmine Donzelli (1948) dirige la casa editrice che ha contribuito a fondare nel 1993. Nel 2012 ha pubblicato una edizione con prefazione, introduzione e commento del "Quaderno" di Antonio Gramsci su Machiavelli, con il titolo "Il moderno Principe".
  Gabriele Pedullà (1972) insegna Letteratura italiana e Letteratura italiana contemporanea all'Università di Roma Tre ed è visiting professor a Stanford e alla Ucla. Ha pubblicato, tra l'altro: "Racconti della Resistenza" (Einaudi, 2005), "In piena luce. I nuovi spettatori e il sistema delle arti" (Bompiani, 2008; traduzione inglese ampliata, Verso, 2012), "Parole al potere. Discorsi politici italiani" (Bur, 2011) e "Machiavelli in tumulto. Conquista, cittadinanza e conflitto nei «Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio»" (Bulzoni, 2011). Con Sergio Luzzatto ha curato l'"Atlante della letteratura italiana" (Einaudi, 2010-2012). Scrive per «Il Sole 24 Ore». Nel 2009 ha esordito come narratore da Einaudi con "Lo spagnolo senza sforzo" (Premio Mondello opera prima, Premio Verga, Premio Frontino).

  INDICE DELL'OPERA – L'arte fiorentina dei nodi. Introduzione di Gabriele Pedullà – Cronologia - Nota alla traduzione in italiano moderno, di Carmine Donzelli - Nota al commento, di Gabriele Pedullà - Il Principe - Niccolò Machiavelli al Magnifico Lorenzo de' Medici - I. Quanti sono i tipi di principato e in che modi si acquisiscono - II. Sui principati ereditari - III. Sui principati misti - IV. Perché il regno di Dario, che era stato conquistato da Alessandro, non si ribellò ai suoi successori dopo la morte di Alessandro - V. In che modo si debbano governare le città o le province che, prima di essere occupate, vivevano con leggi proprie - VI. Sui principati nuovi che si acquisiscono con le armi proprie e con la virtù - VII. Sui pricipati nuovi che si acquisiscono con le armi e la fortuna altrui - VIII. Di coloro che hanno acquisito il principato compiendo scelleratezze - IX. Sul principato civile - X. In che modo debbano essere valutate le forze di ogni principato - XI. Sui principati ecclesiastici - XII. Di quanti siano i generi di milizia e delle milizie mercenarie - XIII. Sulle milizie ausiliarie, quelle miste e sulle proprie - XIV. Come un principe si deve comportare a proposito della milizia - XV. Quali sono le cose per cui gli uomini e specialmente i principi sono lodati o biasimati - XVI. Sulla liberalità e la parsimonia - XVII. Sulla crudeltà e la pietà; e se sia meglio essere amato che temuto o piuttosto il contrario - XVIII. In che modo i principi devono tener fede alla parola data - XIX. In che modo fuggire il disprezzo e l'odio - XX. Se siano utili o inutili le fortezze e molte altre cose che vengono fatte ogni giorno dai principi - XXI. Cosa deve fare un principe per avere la migliore reputazione - XXII. Di coloro che i principi scelgono come ministri - XXIII. Come si debba sfuggire agli adulatori - XXIV. Perché in Italia i principi hanno perduto i loro stati - XXV. Quanto conta la fortuna nelle umane vicende e in che modo ci si può opporre ad essa - XXVI. Esortazione a prendere l'Italia e a riscattarla liberandola dai barbari – Bibliografia – Indice dei nomi