Il capitale nel XXI secolo Stampa E-mail

Thomas Piketty

Il capitale nel XXI secolo

Bompiani, pagg.950, € 22,00

 

piketty capitale  IL LIBRO – Quali sono le grandi dinamiche che guidano l'accumulo e la distribuzione del capitale? Domande sull'evoluzione a lungo termine dell'ineguaglianza, sulla concentrazione della ricchezza e sulle prospettive della crescita economica sono al cuore dell'economia politica. Ma è difficile trovare risposte soddisfacenti, per mancanza di dati adeguati e di chiare teorie guida. In "Il capitale nel XXI secolo", Thomas Piketty analizza una raccolta unica di dati da venti paesi, risalendo fino al XVIII secolo, per scoprire i percorsi che hanno condotto alla realtà socioeconomica di oggi. I suoi risultati trasformeranno il dibattito e detteranno l'agenda per le prossime generazioni sul tema della ricchezza e dell'ineguaglianza. Piketty mostra come la moderna crescita economica e la diffusione del sapere ci abbiano permesso di evitare le disuguaglianze su scala apocalittica secondo le profezie di Karl Marx. Ma non abbiamo modificato le strutture profonde del capitale e dell'ineguaglianza così come si poteva pensare negli ottimisti decenni seguiti alla Seconda Guerra Mondiale. Il motore principale dell'ineguaglianza – la tendenza a tornare sul capitale per gonfiare l'indice di crescita economica – minaccia oggi di generare disuguaglianze tali da esasperare il malcontento e minare i valori democratici. Ma le linee di condotta economica non sono atti divini. In passato, azioni politiche hanno arginato pericolose disuguaglianze, afferma Piketty, e lo possono fare ancora. Un lavoro estremamente ambizioso, originale e rigoroso, "Il capitale nel XXI secolo" riorienta la nostra comprensione della storia economica e ci pone di fronte a inevitabili riflessioni sul nostro presente. Un fenomeno editoriale mondiale, tradotto in oltre trenta Paesi.

  DAL TESTO – "Al di là della logica dei bisogni e della divisione della crescita tra bisogni diversi, va poi considerato il fatto che il settore pubblico, quando supera una certa dimensione, pone seri problemi di organizzazione. E anche in questo caso non è possibile prevedere nulla sul lungo periodo. È solo possibile immaginare lo sviluppo di nuovi modelli di organizzazione decentrati e partecipativi, l'invenzione di forme innovative di governance, che permettano, in sostanza, di strutturare in maniera efficace un settore pubblico molto più vasto di quello che esiste oggi. La nozione stessa di "settore pubblico" è peraltro riduttiva: il fatto che esista un finanziamento pubblico non implica che alla produzione del servizio in questione concorrano persone direttamente impiegate dallo Stato o dalle amministrazioni pubbliche in senso stretto. Nei settori dell'istruzione o della sanità, esiste in tutti i paesi una grande varietà di strutture giuridiche, specie sotto forma di fondazioni e associazioni, che fungono di fatto da strutture intermedie tra le due forme giustapposte dello Stato e dell'impresa privata, e che partecipano in pari modo alla produzione di pubblici servizi. In totale, nelle economie sviluppate, l'istruzione e la sanità equivalgono a più del 20% dell'impiego e del PIL, vale a dire a una percentuale superiore a quella di tutti i settori industriali nel loro insieme: non si tratta, insomma, di una quota trascurabile. Inoltre questo modello di organizzazione della produzione corrisponde a una realtà duratura e universale. Tanto per dire: nessuno prevede di trasformare le università americane in società per azioni. Ed è possibilissimo che in futuro queste forme intermedie si estendano, per esempio nel settore della cultura o in quello dei media dove il modello di azienda a scopo di lucro non è più, da molto tempo, la forma unica, e pone spesso seri problemi, soprattutto in termini di conflitti d'interesse. Abbiamo anche visto, studiando la struttura e lo sviluppo del capitale in Germania, che nemmeno la nozione in sé di proprietà privata è univoca - basti pensare al settore industriale più classico (l'automobilistico). L'idea secondo cui esisterebbe un'unica forma possibile di proprietà del capitale e di organizzazione della produzione non corrisponde in alcun modo alla realtà del mondo sviluppato: oggi viviamo in un sistema di economia mista, certamente ben diverso da quello concepito nel secondo dopoguerra, eppure, nonostante tutto, estremamente reale. E il fenomeno si accentuerà senza dubbio in futuro: quando s'inventeranno nuove forme di organizzazione e di proprietà."

  L'AUTORE – Thomas Piketty, professore dell'École des hautes études en sciences sociales (EHESS) e dell'École d'économie de Paris, è autore di numerosi studi storici e teorici, che gli hanno fatto meritare, nel 2013, il Prix Yrjö Janhsson, assegnato dalla European Economic Association.

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione - Parte prima. Reddito e capitale - 1. Reddito e prodotto - 2. La crescita: illusioni e realtà - Parte seconda. La dinamica del rapporto capitale/reddito - 3. Le metamorfosi del capitale - 4. Dalla Vecchia Europa al Nuovo Mondo - 5. Il rapporto capitale/reddito sul lungo periodo - 6. La divisione capitale-lavoro nel XXI secolo - Parte terza. La struttura delle disuguaglianze - 7. Disuguaglianze e concentrazione: primi riscontri - 8. I due mondi - 9. La disuguaglianza dei redditi da lavoro - 10. La disuguaglianza della proprietà da capitale - 11. Merito ed eredità sul lungo periodo - 12. La disuguaglianza mondiale dei patrimoni nel XXI secolo - Parte quarta. Regolare il capitale nel XXI secolo - 13. Uno stato sociale per il XXI secolo - 14. Ripensare l'imposta progressiva sul reddito - 15. Un'imposta mondiale sul capitale - 16. La questione del debito pubblico – Conclusioni - Indice dei grafici e delle tabelle - Indice dei nomi