L’eredità della Priora Stampa E-mail

Carlo Alianello

L’eredità della Priora

Osanna Edizioni, pagg.594, Euro 19,00

 

alianello_priora  IL LIBRO – Vasto affresco e sofferta rievocazione degli eventi che si svilupparono nell'Italia meridionale tra il 1861 e il 1862, L'eredità della Priora rimane ancor oggi, a trent'anni dalla pubblicazione, la insuperata saga del brigantaggio, che trova tuttavia la sua forza e la sua originalità nella capacità dell'Autore di accomunare in "elegiaco compatimento" vinti e vincitori, e tutti riscattare nel segno di un'amorosa comprensione. Ma è principalmente sulla condizione dei vinti sotto qualsiasi bandiera, di tutti quelli che combattono e amano per i propri ideali, o, come i briganti, per un istintivo senso di giustizia, che si leva il canto pensoso di Carlo Alianello. Nata, dunque, come romanzo ideologicamente orientato a far valere le ragioni del Sud contro un Nord invasore e conquistatore, L'eredità della Priora, per quel miracolo che è solo della poesia, diventa inevitabilmente il romanzo dell'unità nazionale e, insieme, forte richiamo per tutti gli uomini di tutti i tempi, soprattutto nostri, così tragicamente segnati da incomprensioni etniche e razziali. Presentazione di G. Caserta.

  DAL TESTO – “Che aveva fatto dopo? Anche di quelle cose non c'è più niente. Niente: tutta roba che gli è entrata nella testa e se n’è uscita. I lancieri, i dragoni, gli ussari che si vendevano le cavalcature ai ciociari per pochi soldi o le lasciavano addirittura per un pezzo di pane o per nulla. Cavalli soli, sperduti nella stoppia fulva della campagna romana, con la sella sulla groppa e il moschetto in arcione, e sciabole, lance, carabine a monti, ammucchiate come ferrivecchi dentro un recinto, e la palizzata con un pennone e in cima la bandiera francese blu, bianca e rossa. Il cielo era d'un azzurro rabbioso e la bandiera ci schioccava tutta spiegata al vento. Fu allora che lui ebbe quella febbre forte e aveva paura d'essersi buscata la terzana e invece non fu niente. E gli ufficiali francesi altezzosi e sarcastici, i pontifici complimentosi ma diffidenti… E la fame. Aveva sempre fame allora, come se la sconfitta gliel'avesse aguzzata, eppoi l'umiliazione, la miseria. Roba che è entrata e uscita; ma ha lasciato nel fondo un po' di fanghiglia, come l'acqua di piena, e qualche solco... Gli pareva fino a quel punto d'aver appianato in sé ogni risentimento, d'aver dato la sua ragione a ogni cosa, perché la vita è fatta così e chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto e... e invece mò tutto gli risale in gola e fa nausea e brucia, come patimento d'oggi, d'ora, ch'è uno strazio nuovo e più cupo, più serrato. Che gliele dice a fare queste cose a quella bambola fra i merletti? E a Max? Forse lui era stato a Gaeta, aveva combattuto da galantuomo e n'era uscito con la testa alta, con gli onori militari, la sciabola sguainata e la bandiera.”

  L’AUTORE – Carlo Alianello (1901-1981) è stato professore di liceo e collaboratore del Corriere della Sera, de Il Giornale d'Italia e del Messaggero. Il suo primo romanzo è L'Alfiere (1943), cui seguiranno, nel 1952, Il mago deluso, Soldati del re e, nel 1963, l'opera sua più famosa, L'eredità della Priora. Particolarmente intensa la sua attività di scrittore nel decennio 1963-73 durante il quale pubblica diversi romanzi e opere teatrali.