Storia del fascismo Stampa E-mail

Emilio Gentile

Storia del fascismo

Laterza pagg.1376, € 38,00

 

gentile storiafascismo  Emilio Gentile ricostruisce, in questo ampio volume, la storia del Fascismo (movimento, partito, regime) dagli esordi in Piazza San Sepolcro alla fine della Seconda Guerra mondiale, raccontando "i fatti accaduti, come è stato possibile conoscerli attraverso i documenti, nella loro successione cronologica, senza anticipazioni retrospettive delle loro conseguenze, usando il linguaggio dei contemporanei per definire eventi, mutamenti, movimenti, organizzazioni, istituzioni".

  Nel libro, viene dato risalto "a persone, momenti, periodi, eventi che maggiormente contribuirono a trasformare il minuscolo movimento del 1919 in un regime totalitario di massa, con tutto quello che ne è seguito per la vita di decine di milioni di persone fino al 1945. i primi quindici anni della storia del fascismo sono raccontati con più ampiezza dei successivi undici, perché sono stati il periodi nel quale si sono formati e consolidati i suoi elementi originali e fondamentali, dalla guerra squadrista al regime totalitario".

  "La guerra squadrista – spiega Gentile – assunse il carattere di una crociata dei militi della nazione contro i suoi nemici interni. Gli squadristi, in gran parte reduci che avevano voluto l'intervento nella Grande Guerra, e avevano combattuto nelle trincee in uno stato di esaltazione, erano tornati dall'esperienza della guerra con la fanatica convinzione di essere una nuova generazione di italiani rigenerati".

  Gli squadristi "si sentivano uniti in comunione mistica con la nazione, che per loro non era un'idea, una teoria, una immagine intellettuale, ma una realtà vivente, sentita vivere in sé stessi, attraverso l'esperienza della Grande Guerra, perché ad essa avevano donato il proprio sangue e la propria vita. Per molti di essi, anche la difesa degli interessi della borghesia, che era la classe dirigente della nazione, era la difesa della patria. Ma oltre gli interessi della proprietà, la guerra squadrista era vissuta come una rinnovazione rituale dell'esperienza della Grande Guerra, della comunione mistica con la nazione, trasfigurata in una divinità pura e buona, alla quale offrirsi con dedizione totale, celebrandola con un culto speciale di riti e di simboli".

  Nel Fascismo, ebbe origine "una religione della nazione, che gli squadristi imposero ovunque giungevano a dominare, arrogandosi il monopolio del patriottismo e della italianità, con tutto il retaggio della sua civiltà, annesso al rudimentale patrimonio di miti costruito con materiali tratti dalle letture scolastiche di tradizione risorgimentale, dalle idee e dai miti dei movimenti radicali, nazionalisti e rivoluzionari del primio decennio del Novecento e soprattutto dall'interventismo, dal volontarismo e dal combattentismo, condensati simbolicamente nel mito della rivoluzione italiana, che si insediò stabilmente nella cultura di guerra dello squadrismo".

  L'ascesa al potere del Fascismo fu "un avvenimento senza precedenti nella storia d'Italia unita e nella storia dei regimi parlamentari", non soltanto "per il modo in cui il fascismo aveva imposto al capo dello Stato monarchico, con il ricatto di una mobilitazione insurrezionale, la nomina del proprio duce alla guida del governo", ma anche "per la peculiare personalità del nuovo presidente del Consiglio. A trentanove anni, Mussolini era il più giovane primo ministro dell'Italia unita, il primo di origine popolana, il primo che aveva come titolo di studio un diploma di maestro, il primo senza alcuna esperienza di governo e di amministrazione della cosa pubblica, salvo pochi mesi dal 1913 al 1914 come consigliere socialista al comune di Milano".

  L'aggettivo totalitario – osserva l'Autore – circolava "già da un paio di anni quando fu intrdotto nel linguaggio fascista, probabilmente per la prima volta, da Mussolini il 22 giugno 1925, nel discorso all'ultimo congresso nazionale del Partito fascista, che si svolse a Roma il 21 e 22 giugno, quando proclamò che il fascismo avrebbe perseguito la propria meta con «quella che viene definita la nostra feroce volontà totalitaria»: «Vogliamo fascistizzare la Nazione, tanto che domani italiano e fascista, come presso a poco italiano e cattolico, siano la stessa cosa»".

  Secondo Gentile, il Partito Fascista Repubblicano (PFR) ereditò la "concezione del partito totalitario che aveva sostenuto Serena, attuandola con le leggi che avevano accresciuto e rafforzato il partito nello Stato fascista. Infatti, non solo a Pavolini fu conferito il rango di ministro di Stato, ma una circolare del presidente del Consiglio dei ministri del 31 dicembre richiamava alla rigorosa osservanza del regio decreto del 29 novembre 1941, sull'obbligo della consultazione preventiva del segretario del partito per tutte le nomine di ineteresse pubblico".