Antonio Padellaro
Antifascisti immaginari Prefazione di Marco Travaglio
PaperFIRST, pagg.96, € 10,00
Antonio Padellaro, noto per il suo impegno giornalistico e per una scrittura capace di coniugare rigore e verve polemica, torna in libreria con un saggio che scava nelle dinamiche odierne della memoria resistenziale e nella rappresentazione, spesso farsesca, del dibattito sull'eredità antifascista nella società italiana contemporanea. Con "Antifascisti immaginari", pubblicato per i tipi di PaperFirst, l'autore propone una riflessione penetrante e documentata su ciò che resta dell'antifascismo come valore civico e su come questo venga frequentemente svuotato, banalizzato o strumentalizzato nell'arena mediatica e politica.
Il titolo stesso, "Antifascisti immaginari", si offre come chiave di lettura dell'intera opera: Padellaro mira a smascherare una narrazione pubblica in cui l'antifascismo diventa non più una scelta etica fondata su una consapevolezza storica e politica, ma un topos convenzionale, un'etichetta buona per ogni uso, e talvolta abusata fino alla caricatura. Il bersaglio polemico dell'autore non è tanto l'antifascismo in sé – valore che egli chiaramente difende e onora – quanto la sua contraffazione, la riduzione a spettacolo o, peggio, a slogan vacuo.
Nel delineare la distanza abissale tra la testimonianza concreta dei veri resistenti e le pose mediatiche di chi si autoproclama paladino della democrazia, Padellaro si serve di una dialettica serrata, costruita attraverso un contrasto costante: da un lato, le figure autentiche della Resistenza, come il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, martire delle Fosse Ardeatine, la cui vicenda umana e storica è rievocata con sobrietà e rispetto; dall'altro, le caricature televisive di certi opinionisti, che si autoattribuiscono patenti morali senza mai misurarsi con la complessità del presente né con il peso reale della storia.
Questa dicotomia si esprime attraverso un'acuta critica al sistema dell'informazione e al linguaggio politico attuale, che spesso privilegia la teatralizzazione degli argomenti a discapito della sostanza. Le "facce da Ventotene", come le definisce provocatoriamente l'autore, rappresentano la trasformazione dell'antifascismo in un genere performativo, consumabile e privo di reale incidenza.
Il testo si configura come un'analisi politico-culturale che intreccia la storia con l'attualità. Padellaro non si limita alla denuncia della mistificazione, ma risale alle origini dell'antifascismo, valorizzando i suoi tratti fondativi: il coraggio civile, la resistenza al totalitarismo, l'idea di una Repubblica costruita sul pluralismo e sulla giustizia sociale. Egli richiama, con toni a tratti indignati ma mai retorici, l'urgenza di restituire dignità e verità a questo patrimonio, oggi sempre più spesso utilizzato come strumento di contesa superficiale nei dibattiti televisivi e sui social network.
In questo contesto, l'autore stigmatizza anche le ambiguità della destra istituzionale, soffermandosi sul caso emblematico del premier Giorgia Meloni, la cui riluttanza a definirsi antifascista viene interpretata come un sintomo di una più ampia incapacità – o disinteresse – a fare i conti con il passato. Tuttavia, Padellaro non si abbandona mai a semplificazioni manichee: la sua è una critica intellettualmente onesta, che non risparmia nemmeno certa sinistra incapace di aggiornare il proprio linguaggio e la propria visione del mondo.
Il tono di Padellaro oscilla con efficacia tra l'indignazione civile e l'ironia corrosiva. La sua prosa è affilata ma sempre misurata, capace di alternare registri differenti per adattarsi al ritmo delle argomentazioni. In ciò si riconosce la lunga esperienza giornalistica dell'autore, che conferisce al testo una leggibilità avvincente anche nei momenti più densi.
La prefazione di Marco Travaglio si innesta in perfetta coerenza con il tono dell'opera, rafforzandone l'impianto polemico e condividendo la preoccupazione per una deriva culturale che riduce il confronto politico a una farsa priva di memoria.
In un panorama editoriale spesso affollato da saggi che si limitano alla cronaca del presente, "Antifascisti immaginari" si segnala per la capacità di articolare una riflessione di ampio respiro, capace di collegare passato e presente senza mai indulgere nel didascalico. Padellaro invita il lettore – e in particolare l'intellettuale, lo storico, il giornalista – a interrogarsi sulla funzione della memoria nella società contemporanea e a rifiutare ogni riduzione del pensiero critico a spettacolo.
Il volume si rivela pertanto un contributo prezioso per comprendere le tensioni che attraversano oggi il discorso pubblico italiano sul fascismo e sull'antifascismo, offrendo strumenti interpretativi solidi e una scrittura che non rinuncia alla passione civile. Un saggio che, nella sua lucidità disillusa, rappresenta un monito contro la disinformazione e il conformismo mascherato da impegno.
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