Sangue sulla Resistenza Stampa E-mail

Tommaso Piffer

Sangue sulla Resistenza
Storia dell'eccidio di Porzûs


Mondadori, pagg.264, € 23,00

 

piffer sangue  Il volume di Tommaso Piffer, "Sangue sulla Resistenza. Storia dell'eccidio di Porzûs", rappresenta un contributo storiografico di assoluto rilievo su uno degli episodi più drammatici e controversi della Resistenza italiana. L'autore, già noto per i suoi studi sull'antifascismo e sui servizi segreti alleati in Italia, affronta con rigore metodologico e ampiezza documentaria l'eccidio consumatosi nel febbraio 1945 sulle malghe friulane, quando un reparto dei GAP comunisti attaccò, uccidendone i vertici e numerosi componenti, un presidio della Brigata Osoppo, formazione di ispirazione cattolico-liberale.

  Il testo si distingue innanzitutto per l'eccezionale qualità della ricerca d'archivio. Piffer, docente presso l'Università di Udine e con un profilo accademico internazionale consolidato, ha condotto un'indagine incrociata su fonti italiane e slovene, molte delle quali mai esplorate precedentemente. Questo lavoro consente all'autore di ricostruire con precisione i moventi, le dinamiche e soprattutto le responsabilità dell'attacco, superando le semplificazioni ideologiche che per decenni hanno polarizzato il dibattito pubblico e accademico.

  L'autore restituisce una narrazione lucida, priva di indulgenze o recriminazioni, in cui l'analisi fattuale si accompagna a una raffinata contestualizzazione geopolitica e ideologica. La vicenda di Porzûs, che costò la vita a diciassette partigiani osovani, tra cui Guido Pasolini, fratello del futuro poeta e regista Pier Paolo, emerge così non come un episodio isolato, bensì come il riflesso di un intreccio complesso di tensioni tra le formazioni partigiane, rivalità etnico-territoriali e ambizioni egemoniche. Il volume documenta con chiarezza come l'azione dei gappisti non sia da interpretarsi come una mera deviazione individuale, ma come il prodotto di una concatenazione di ordini, complicità tacite e strategie transfrontaliere.

  In particolare, Piffer analizza con perizia l'interazione fra i vertici del Partito comunista italiano, il comando della Divisione Garibaldi Natisone e gli organi jugoslavi del IX Corpo d'armata, suggerendo una responsabilità multilivello che va ben oltre il semplice ambito operativo. Ne risulta un affresco nitido in cui l'eccidio non appare più come un tragico "errore" della Resistenza, bensì come il sintomo di una profonda frattura ideologica all'interno del fronte antifascista. La questione dell'assetto politico del confine orientale italiano, oggetto di contesa tra nazionalismi contrapposti e progetti rivoluzionari internazionalisti, rappresenta il cuore pulsante del libro.

  Il volume, insomma, non solo chiarisce molti interrogativi rimasti irrisolti per oltre settant'anni, ma riesce anche nell'impresa – tutt'altro che semplice – di restituire profondità storica e dignità analitica a un episodio che per lungo tempo è stato strumentalizzato da narrazioni partigiane contrapposte. L'eccidio di Porzûs viene così riletto come una delle prime manifestazioni del conflitto ideologico che avrebbe spaccato l'Europa nel dopoguerra, un "crocevia del Novecento", come sottolinea lo stesso autore.