Il decalogo per il ritorno del nucleare in Italia Stampa E-mail

Davide Urso

Il decalogo per il ritorno del nucleare in Italia

Edizioni Franco Angeli, pagg.176, Euro 21,00

 

urso_decalogo  IL LIBRO – È necessario puntare sul nucleare? La risposta è sì; certamente bisognerebbe approfondire il "chi, che e come". Piuttosto che chiederci se è corretto riaprire l'opzione nucleare in Italia, sarebbe quindi più opportuno domandarci perché il Paese che negli anni '60, pur uscito sconfitto dalla guerra, era la terza potenza nucleare civile al mondo dovrebbe rinunciare alla scelta che stanno compiendo anche nazioni che hanno una storia nucleare meno importante della nostra e un sistema-paese meno competitivo del nostro.

  L'attuale rinascita del nucleare a livello mondiale è conseguenza di diversi fattori: maggiori costi dei combustibili fossili, priorità per gli Stati di assicurare un adeguato livello di sicurezza energetica, riduzione delle emissioni climalteranti, con una modifica del mix di produzione energetica verso tecnologie carbon free (nucleare e rinnovabili), priorità alla salvaguardia ambientale e alla tutela dei lavoratori e della popolazione, riduzione della bolletta elettrica, aumento della competitività del sistema industriale e formativo di uno Stato. L'Italia sta pagando la rinuncia al nucleare in termini economici, energetici e strategici. La nostra bolletta elettrica è la più alta d'Europa; il kWh italiano è il più caro al mondo, e l'Italia non produce elettricità con il nucleare, ma la compra dall'estero per soddisfare la propria fame di energia. Sarebbe essenziale perciò riuscire a creare una "solidarietà energetica" tra tutti gli operatori del settore nucleare nazionale, operando all'interno di un sistema globale integrato.

  L'Italia sconta due paradossi. Il primo è il rifiuto di costruire nuove centrali nucleari, anche se quelle esistenti risulterebbero comunque insufficienti. Il secondo è l'ammirazione per la concretezza realizzativa degli Stati confinanti, che si scontra però con l'incapacità italiana di agire con la stessa efficacia.

  Ritornare al nucleare significa dunque ricostruire e governare un sistema complesso, per il quale occorre coesione e disciplina normativa, regolatoria e politico-istituzionale, e rifondare competenze pubbliche, industriali, scientifiche, tecnologiche e di ricerca.

  DAL TESTO – “L'Italia sta pagando lo scotto economico (prezzi elevati) e strategico (dipendenza energetica dai prodotti petroliferi e, quindi, da Stati esteri) della rinuncia alla tecnologia nucleare (più economica al mondo per la produzione d'energia elettrica), nella quale vantava un inviabile know-how.

  “L'uscita dell'Italia dal nucleare ha prodotto per il nostro Paese e per i contribuenti una perdita drammatica stimabile in circa 120 miliardi di euro (compresi i costi diretti, l'indotto e i costi indiretti). A ciò si deve aggiungere l'enorme perdita geopolitica e geoeconomica che il nucleare destina ad uno Stato in termini di rango, ruolo e responsabilità, di maggiore indipendenza energetica dall'estero, di mantenimento di capacità industriali, di rafforzamento delle "dotazioni d'ambiente", degli anelli della "catena del valore", di crescita del sistema-Paese, di riduzione dei costi della bolletta elettrica, ecc..

  “Tutto ciò produce un triplo risultato negativo: non contribuiamo alla riduzione mondiale di energia nucleare, qualora perseguissimo la politica pseudo ambientalista degli ultimi 22 anni, e non è così; non beneficiamo del costo ridotto e competitivo di tale energia, che è un fattore molto importante e strategico per la competitività delle imprese nazionali in una dimensione globalizzata transfrontaliera; non siamo al riparo dai danni catastrofici derivanti da un disastro atomico data la vicinanza con le centrali estere.

  “La scelta del 1987 ebbe conseguenze negative dal punto di vista economico, sociale, competitivo e tecnologico, ma nessun effetto dal punto di vista della convivenza con il nucleare. Infatti, 13 centrali nucleari in Slovenia, Germania, Svizzera e Francia sono in esercizio entro 200 km dai confini italiani. Praticamente è come averle in casa! Venezia è molto meno distante alla centrale slovena in esercizio di Krsko rispetto alla più vicina centrale italiana dismessa di Caorso. Inoltre, abbiamo avuto la beffa di non aver rinunciato ad utilizzare l'energia nucleare, visto che circa il 16% dell'elettricità che consumiamo è di origine nucleare. Solo che, invece di produrla, la importiamo! E mentre noi continuiamo a chiederci se sia possibile fare a meno di una fonte di energia che soddisfa circa il 33% della domanda elettrica europea, gli paesi altri si sono dati e si danno da fare.”

  L’AUTORE – Davide Urso, laureato in Scienze Politiche presso la Luiss-Guido Carli nel 2003, è esperto di Geopolitica energetica e si occupa da anni di nucleare. È autore di numerosi articoli e saggi sulla politica energetica.

  INDICE DELL’OPERA -   Prefazione, di Stefano Saglia – Introduzione, di Giovanni Lelli - Sistema energetico italiano: l'ineludibilità del nucleare (Caratteristiche e vulnerabilità del sistema energetico e elettrico italiano; Conclusioni) - Il decalogo per il ritorno del nucleare in Italia (Completamento del decommissioning; Adeguamento dell'assetto normativo; Ricostruzione delle competenze industriali; Ricostruzione delle competenze pubbliche; Coordinamento e focalizzazione della ricerca; Selezione della tecnologia; Stabilità politica, amministrativa e regolatoria; Processo di informazione e comunicazione; Scelta dei stili; Ricostruzione delle basi culturali: il mito di Prometeo) - Proposta del "coinvolgimento motivazionale" nel settore nucleare (Influenze dell'opinione pubblica nel processo decisionale, stakeholders engagement e ruolo della "percezione del rischio"; Il "coinvolgimento motivazionale") – Conclusioni - Bibliografia