La mobilitazione globale Stampa E-mail

a cura di Maurizio Guerri

La mobilitazione globale
Tecnica violenza libertà in Ernst Jünger

Mimesis Edizioni, pagg.212, € 15,30

 

guerri_mobilitazione  IL LIBRO – «È sufficiente osservare lo spettacolo della nostra vita nel suo esuberante dispiegarsi e nella sua disciplina implacabile, con le sue aree produttive fumanti e scintillanti di luci, con la fisica e la metafisica del suo traffico, i suoi motori, aeroplani e metropoli brulicanti di gente, per intuire che qui non c’è un solo atomo che non sia al lavoro, e che questo processo delirante è in profondità, il nostro destino. La Mobilitazione totale non è una misura da eseguire, ma qualcosa che si compie da sé, essa è, in guerra come in pace, l’espressione della legge misteriosa e inesorabile a cui ci consegna l’età delle masse e delle macchine. Succede allora che ogni singola vita tende sempre più indiscutibilmente alla condizione del Lavoratore, e che alle guerre dei cavalieri, dei re e dei cittadini succedano le guerre dei lavoratori, guerre della cui struttura razionale e della cui implacabilità il primo grande conflitto del XX secolo ci ha già dato un’idea».
  Così scriveva Jünger nel 1930, anno di pubblicazione della prima edizione de La mobilitazione totale. Questa visione del mondo sembrerebbe appartenere a un’epoca ormai lontana, consegnata al secolo dei totalitarismi e delle guerre mondiali. Eppure la mobilitazione totale – in una sua versione globale – con l’annullamento del confine tra pace e guerra, la normalizzazione della violenza e la riduzione di ogni cosa – uomo compreso – alle categorie della mera dimensione lavorativa, si impone come una chiave interpretativa sempre più essenziale per comprendere a fondo fenomeni quali l’assenza di senso nel “progresso” tecnico, la normalizzazione del rischio e la crisi della politica. Convizione degli studiosi che hanno collaborato alla stesura del presente volume è che tornare alla mobilitazione totale e riuscire a leggere il senso di questa immagine jüngeriana incentrata sull’assorbimento del lavoro nella violenza, sia un passo necessario per riuscire a porsi in contatto con la crisi della democrazia e per pensare a vie di uscita possibili.

  DAL TESTO – “Il concetto di "mobilitazione totale", formalizzato e definito nel saggio del 1930, torna con estrema forza nell'Arbeiter, il grande e temibile libro del '32 che - per quanto ciò che si sta per dire stia nettamente in contrasto con i molteplici tentativi di edulcoramento e di 'addomesticamento' dell'opera di Jünger che, complice lui stesso, si sono tentati nel corso dei decenni - rappresenta senza dubbio, a parere di chi scrive, il vertice visionario e speculativo della lunghissima attività del nostro autore. A testimoniare la forza di questa presenza basta del resto ricordare la frequenza con cui Jünger ritiene di utilizzare la formula che, come un Leitmotiv continuamente riproposto, circola nelle pagine volutamente cadenzate e ritmiche del suo capolavoro, quella secondo cui "la tecnica è il modo in cui la forma dell'Operaio mobilita il mondo". Che è frase assai densa e complessa, che bisogna cercare di capire appieno, se si vuole penetrare a fondo nella struttura e nell'architettura dell'opera. A partire, senz'altro, dalla centralità della "mobilitazione" e dell'attività del "mobilitare", ma anche dal rapporto che lega questa attività - così delimitandola e relativizzandola - con gli altri elementi della formula. Dunque dal rapporto da essa intrattenuto con la "tecnica", qui presentata come la modalità e, potrebbe dirsi, lo strumentario attraverso cui il mondo viene mobilitato, cioè messo in movimento. Ma anche (e soprattutto) dal rapporto con la "forma dell'Operaio", che qui appare nella figura del soggetto - logico ancor prima che grammaticale - sia della formula sia della mobilitazione stessa.”

  IL CURATORE – Maurizio Guerri insegna Elementi di Filosofia Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera e Filosofia al Liceo artistico statale di Crema; collabora inoltre con la cattedra di Estetica I del Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Le sue ricerche riguardano la filosofia dell’arte, i rapporti tra estetica e politica e la cultura visuale. È tra i coordinatori del CRAB, Centro di Ricerca dell’Accademia di Brera sulla visual culture. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Ernst Jünger. Terrore e libertà, Agenzia X, Milano 2007; Bellezza e libertà. Il destino della civiltà europea nel pensiero di Oswald Spengler ed Ernst Jünger, Mimesis, Milano 2008; La mobilitazione globale, Mimesis, Milano 2012; ha inoltre curato l’edizione italiana di scritti di Nietzsche, Spengler, Ernst Jünger e Friedrich Georg Jünger.

   INDICE DELL’OPERA – Presentazione – Ringraziamenti - Ernst Jünger fra «mobilitazione totale» e «utopia della stabilità», di Domenico Conte - Geografie dell'elementare, di Luisa Bonesio - Cabala e anarcato. Su Jünger, Mann e alcuni motivi dell'esoterismo ebraico, di Giuseppe Raciti - Divergenze parallele. Appunti su guerra e tecnica tra Benjamin e Jünger, di Giovanni Gurisatti - Guerra e sacrificio. Su Ernst Jünger e Jan Patočka, di Maurizio Guerri - Ontologia del dolore. Intorno alla concezione del corpo di Ernst Jünger, di Federico Leoni - Simulatori mobilitanti. Ernst Jünger visto da Hans Blumenberg, di Raffaele Scolari – Appendice - Ernst Jünger "pensatore"?, di Martin Heidegger - Heidegger lettore di Jünger. Una nota alla traduzione, di Giampiero Moretti - "Scrivo sotto la minaccia di un pericolo che è maggiore di quanto possa dire", di Maurizio Guerri – Diario, di Petter Moen