Nuova Storia Contemporanea, n.2/2013 Stampa E-mail

Nuova Storia Contemporanea, n.2 marzo/aprile 2013

Le Lettere, pagg.168, € 11,50

 

nsc2_2013- Ottavio Barié, Il «secolo americano»
L’Autore esamina in un'ottica di lungo periodo e di confronto con altri "imperi" la lunga preparazione, l'ascesa e i sintomi di declino del "secolo americano", che ha caratterizzato la seconda metà del XX secolo. Fra i temi considerati, i principi dei Padri Pellegrini del secolo XVII che posero il problema del "ritorno" della Nuova Gerusalemme (divenuta prospera e solida e mantenutasi pia al di là dell' Atlantico) nel Vecchio Mondo per riportarlo sulla retta via e salvarlo; la tendenza all'espansione, che conosce pause, ma non arretramenti ed è giustificata da una serie di dottrine etico-politiche come quella del Destino Manifesto; la convinzione dell’”eccezionalismo”  del modello americano; il primato dell'economia americana della fine del secolo XIX, risultato di una rivoluzione scientifica, tecnologica, industriale e sociale. L’"impero americano" che nasce negli anni' 40 del secolo XX è modellato dall'eredità dell'impero britannico e dal confronto-scontro con l'Unione Sovietica. A giudizio dell'Autore, proprio la Guerra Fredda ha condizionato lo sviluppo materiale e alterato, forse, la natura spirituale dell’”impero americano”, contribuendo in modo determinante al suo progressivo logoramento.

- Giorgio Petracchi, Viaggiatori italiani in Russia alla fine dell'Ottocento
Quando fu che l'Italia scoprì la Russia? Le guerre napoleoniche segnarono il definitivo ingresso della Russia nell'immaginario degli italiani. E ne determinarono l'immagine in base a risposte emozionali. Mitica era l'immagine dei "battaglioni di bronzo" di Suvorov, più facili da distruggere che da respingere; mitica l'immagine della grande pianura russa percepita come una madre cattiva che inghiotte nel fango e annienta nel gelo gli invasori. La scarsa cultura degli Stati italiani pre-unitari sulla Russia perpetuò l'immagine mitica e favorì, inoltre, la penetrazione in Italia degli stereotipi, generalmente russofobi coniati in ambito europeo (altrettanti specchi deformanti la messa a fuoco dell'immagine della Russia in rapporto agli interessi italiani). Solo dopo l'Unità, l'Italia cominciò a scoprire la Russia. Questa scoperta procedette per gradi, e si formò di pari passo alla presa di coscienza della cultura italiana della natura geopolitica, spirituale e morale di quell'immenso Paese. Al formarsi di una più corretta immagine della Russia contribuirono alcuni mediatori culturali come Angelo De Gubernatis e Domenico Ciampoli, l’intelligencija russa alienata ed emigrata, i giornalisti che nella seconda metà dell'Ottocento si recarono in Russia. I loro resoconti di viaggio diffusero l'immagine di un Paese in rapida trasformazione e dalle enormi potenzialità economiche non sfruttate. Da quel momento in poi la storia russa entro nella storia italiana e il rapporto tra i due Paesi diventò storia viva, sofferta e pensata.

- Fabio Fattore, Indro Montanelli in Grecia: cronache e propaganda
Come il Ministero della Cultura popolare presentò al pubblico una campagna disastrosa: bloccando per settimane le cronache dai fronti terrestri, orientando la stampa e praticando una rigida censura. La propaganda si servì di Montanelli per giustificare gli errori commessi nella campagna, Mussolini gli chiese relazioni riservate su quanto accadeva al fronte.

- Matteo Luigi Napolitano, Pio XII e gli ebrei di Roma nel 1943
L’articolo discute le tesi di Sergio Minerbi su Pio XII. Diversamente da quanto scrive Minerbi, Pio XII contribuì non poco all'opera di salvezza in favore degli ebrei, soprattutto nel periodo dell'occupazione nazista di Roma. Sulla base di documenti d'archivio e di altro materiale, l'Autore spiega perché alcune fonti usate da Minerbi sono del tutto inaffidabili, e portano a conclusioni fuorvianti, se non errate. In particolare, non è vero che Pio XII seppe in anticipo della razzia degli ebrei romani del 16 ottobre 1943; né che il papa avallò la razzia purché si facesse presto. In generale non è vero che Pio XII osservò un passivo silenzio sulla Shoah. Queste tesi, osserva l'Autore, sono frutto di una certa "storiografia creativa".

- Nunzio Dell'Erba, La rivolta di Bronte
Il volume di Lucy Riall ricostruisce la vicenda che sconvolse la cittadina etnea nell'imminenza dell'Unità d'Italia. Attraverso una lettura critica, si propone di dimostrare come la lettura "anglo-centrica" dell'autrice sia fuorviante nell'interpretazione della rivolta scoppiata a Bronte nei primi giorni dell'agosto 1860. La particolare attenzione rivolta alla storia della famiglia Nelson-Bridport lascia insolute molte questioni, che riguardano l'alleanza dei "nuovi padroni inglesi" con i mediatori locali e le loro responsabilità nelle cause della rivolta. L’impianto narrativo del libro, volto a giustificare l'usurpazione e l'arroganza degli amministratori inglesi, rende la ricerca della storica anglo-irlandese non sempre attendibile sul piano della ricostruzione storica.

- Donato D'Urso, Farinacci sorvegliato speciale
Roberto Farinacci, dopo aver lasciato la segreteria del Partito Nazionale Fascista, fu sottoposto a costante vigilanza da parte degli organi di polizia. Tutti i suoi spostamenti, incontri e telefonate erano controllati. L’attenzione su di lui si accentuò nel 1930 a causa della clamorosa lite giudiziaria che lo contrappose all'ex podestà di Milano Belloni. Nel luglio 1930, il pranzo svoltosi ad Alessandria a casa di un industriale fu oggetto di particolare interesse da parte del sottosegretario Arpinati e mise in qualche imbarazzo il prefetto del tempo.

- Alberto Indelicato, Katyn e la politica russa
Il massacro di Katyn non fu soltanto un episodio derivante da esigenze contingenti. Esso va visto nel contesto della politica estera russa sin dal tempo di Caterina II. Scopo dei dirigenti russi e poi sovietici era la cancellazione della Polonia come entità statale per ottenere un accesso diretto all'Europa Centrale. Esso ebbe due volte successo, con la terza spartizione e con il patto Ribbentrop-Molotov. Gli sviluppi della seconda guerra mondiale portarono a una modifica di quel progetto e alla condizione della Polonia in uno Stato satellite di Mosca.

- Paolo Simoncelli, Gentile a Parigi
L’articolo ricostruisce le polemiche in corso a Parigi sulla presentazione alla Sorbona di due volumi di Giovanni Gentile (entrambi riferentesi a suoi studi precedenti il fascismo) appena tradotti in francese. Le polemiche sono basate su un clamoroso falso storico (Gentile "primo firmatario delle leggi razziali") di cui nessuno, neanche l'Istituto italiano di cultura a Parigi, si è accorto.

- Salvatore Sechi, Archivi e segreti di Stato
Gli studiosi italiani di storia contemporanea si trovano di fronte a difficoltà di accesso ad alcune fonti documentarie, che sono essenziali per la ricostruzione storica del terrorismo. Questi documenti sono conservati in archivi la cui consultazione, in deroga alla normale legislazione archivistica, è limitata dalla normativa speciale in materia di segreto di Stato. Questo documento sottolinea la necessità di una nuova regolamentazione più razionale.

- Emanuele Farruggia, Dien Bien Phu
Pierre Schoendoerffer, 47 anni dopo l'epica battaglia da lui vissuta quando era un giovane caporale dell'esercito, dirige un film di guerra in Vietnam, con la cooperazione delle forze armate francesi e di quelle vietnamite. Probabilmente non il migliore tra i film diretti dal regista, Dien Bien Phu è una sobria descrizione cronologica della battaglia, vista dalla prospettiva del soldato di prima linea. I ricordi dell'assedio di Schoendoerffer si integrano con la narrazione del reporter e funzionario diplomatico americano Howard Simpson, veterano del Vietnam. L’azione si svolge nella base francese avanzata di Dien Bien Phu, sotto assedio e, al tempo stesso, nella capitale coloniale, Hanoi, sede del quartier generale del Corpo di Spedizione Francese. La musica di George Delerue – eseguita nel teatro sinfonico di Hanoi, il Concerto de l'Adieu - contrasta singolarmente con l'assordante rumore dei colpi di artiglieria che si abbattono sulla guarnigione assediata. I 55 giorni della battaglia hanno termine con la vittoria delle truppe del Generale Giap e con la cattura di più di 10.000 prigionieri francesi. Tre quarti di essi non faranno mai ritorno.