Aurora boreale. Seconda parte. Sahara Stampa E-mail

Theodor Däubler

Aurora boreale
Seconda parte
Sahara
a cura di Luigi Garofalo


Marsilio Editori, pagg.1073, € 55,00

 

daubler aurora2  Il secondo tomo dell'"Aurora boreale" di Theodor Däubler, recentemente tradotto in italiano, rappresenta l'approdo maturo di una visione poetica monumentale, nella quale confluiscono tensioni metafisiche, aspirazioni cosmiche e inquietudini storiche. Pubblicato originariamente tra il 1921 e il 1922 a Lipsia come parte della revisione del "Nordlicht" (1910), è la sezione conclusiva di un poema che, a dispetto della sua scarsa diffusione editoriale, ha esercitato una persistente influenza in ambito intellettuale, filosofico e giuridico, lasciando un segno profondo nella cultura europea della prima metà del Novecento.

  L'universo poetico di Däubler si fonda su un'ardita trasposizione mitopoietica della genesi cosmica, nella quale la Terra, staccatasi dal Sole, trattiene in sé una scintilla dell'astro madre, che si manifesta nel fenomeno dell'aurora boreale. Quest'ultima, lungi dall'essere un mero spettacolo naturale, assurge a simbolo della lotta per il primato dello spirito sulla materia. La luce polare, scintillante nel buio artico, è segno tangibile della vocazione umana alla trascendenza, alla riconnessione con l'origine solare — ovvero spirituale — della propria essenza.

  In "Sahara", la dialettica tra luce e oscurità, spirito e corporeità, si intensifica, ponendo l'umanità dinanzi alla vastità di un deserto fisico e metafisico: spazio di prova, ma anche luogo di purificazione e visione. Il sottotitolo stesso del secondo tomo, "Sahara", non si limita a evocare una geografia terrena: diventa scenario archetipico di smarrimento e rivelazione, in linea con la tradizione simbolica del deserto come topos mistico e ascetico.

  Come sottolineato nell'ampio saggio introduttivo di Luigi Garofalo, l'impianto formale del poema alterna movenze epiche a intonazioni liriche, il tutto sorretto da una metrica rigorosa, scandita da rime che conferiscono ordine a un discorso altrimenti fluviale e visionario. L'andamento solenne del verso, che si dilata in quadri grandiosi e allegorici, richiama la retorica delle grandi narrazioni mitologiche, pur mantenendo costantemente una tensione interiore che è tipica dell'espressionismo più radicale.

  A differenza di altri espressionisti, tuttavia, Däubler non indulge in un nichilismo cupo o in una denuncia meramente storica: il suo è un espressionismo "cosmico", nel quale la dimensione storica — le rovinose cadute di individui e popoli evocate nel testo — si inserisce in una cornice teleologica di redenzione. L'uomo, pur travagliato e spesso sviato, resta un essere orientato verso la luce, mosso da una "essenza stellare" condivisa con il pianeta che abita.

  Il ruolo assunto da Däubler nel panorama della poesia del Novecento appare singolare: egli non è soltanto un cantore visionario, ma un poeta-profeta, animato da una missione sapienziale. Tale postura emerge con evidenza sia nei versi, sia nel testo di "Autointerpretazione", incluso nell'edizione italiana come prologo all'opera, in cui l'autore stesso chiarisce le ragioni e le strutture della propria poetica. Questo scritto teorico si rivela imprescindibile per accedere pienamente alla complessa architettura ideativa del "Nordlicht", fornendo coordinate ermeneutiche che aiutano a decifrare la densità simbolica dei versi.

  La figura di Däubler si staglia così come quella di un intellettuale poliedrico, che attraversa le principali capitali culturali d'Europa stringendo legami significativi con esponenti di rilievo della filosofia, della giurisprudenza e dell'arte. La sua esistenza errabonda, segnata dalla passione declamatoria e da una profonda insoddisfazione per il destino delle sue opere, contribuisce a forgiare il mito tragico del poeta incompreso, acuito da una morte in solitudine nel 1934.

  L'influenza del "Nordlicht", e in particolare di "Sahara", ha superato i limiti della poesia per toccare ambiti disciplinari diversi, come dimostra l'interesse di pensatori come Carl Schmitt, che vi ha colto una rara profondità speculativa, e quello di Eugenio Montale, che ne ha riconosciuto il valore formale. L'opera si configura pertanto come un unicum nel panorama letterario europeo, un ponte tra l'estetica simbolista, l'immaginario espressionista e l'esigenza metafisica della modernità.

  L'iniziativa editoriale della collana "Firmamenti", che propone ora in italiano entrambi i tomi dell'Aurora boreale basandosi sull'edizione di Lipsia, si distingue dunque per il coraggio e la lungimiranza: colma un vuoto editoriale e restituisce al lettore italiano un'opera che, pur marginale nella sua ricezione storica, è centrale per comprendere l'immaginario europeo della crisi e della rigenerazione.

  "Aurora boreale. Seconda parte. Sahara" si impone come un'opera poetica di rara ambizione e intensità, capace di fondere cosmologia e antropologia, spiritualità e storia, in un discorso lirico che è insieme mistico e politico. La traduzione italiana, accurata e accompagnata da un ricco apparato critico, rende finalmente accessibile un testo che interroga il lettore sulla natura ultima dell'esistenza e sul destino dell'umanità. Non si tratta semplicemente di un'opera da leggere, ma di un viaggio da intraprendere: nel cuore del deserto, verso la luce delle origini.