Fabio Mini
La NATO in guerra Dal patto di difesa alla frenesia bellica
Edizioni Dedalo, pagg.176, € 15,50
Nel saggio "La NATO in guerra", il generale Fabio Mini offre una lettura critica e articolata dell'evoluzione della NATO, a partire dalla sua fondazione fino all'attuale configurazione iperattiva sullo scenario globale. Si tratta di un'opera che si colloca al crocevia tra la riflessione strategica, la denuncia politica e l'analisi storica, e che si rivolge non solo a specialisti del settore, ma anche a un pubblico più vasto, interessato a comprendere i retroscena della crescente militarizzazione della politica internazionale contemporanea.
Mini parte da una constatazione netta: la NATO, organizzazione nata con finalità difensive ben delimitate sia geograficamente sia strategicamente, ha progressivamente travalicato i propri confini e principi fondanti. L'autore rintraccia questa trasformazione nell'ambiguità interpretativa del Trattato del Nord Atlantico, i cui articoli sono stati, a suo avviso, piegati a esigenze di espansione più che di autodifesa. Secondo Mini, il cambio di paradigma è avvenuto con la dissoluzione dell'Unione Sovietica, momento in cui la NATO ha perso il suo "Nemico" originario e, piuttosto che ridimensionarsi, ha iniziato a ridefinirsi in senso aggressivo e globale.
L'analisi di Mini è particolarmente incisiva nel descrivere le fasi attraverso cui si è consumata questa metamorfosi: prima un'estensione retorica dei concetti di sicurezza e minaccia, poi una sistematica reinterpretazione delle norme interne e infine un'aperta disinvoltura nell'intervento militare. Si pensi, per esempio, all'intervento in Jugoslavia del 1999, mai autorizzato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, o alle missioni in Afghanistan e in Libia, che secondo l'autore costituiscono tappe emblematiche di un approccio sempre più offensivo e sempre meno multilaterale.
Uno degli aspetti più originali del volume è la critica alla costruzione strategica del "nemico". Mini denuncia una moltiplicazione arbitraria e ideologicamente orientata degli avversari della NATO, che oggi includerebbero non solo potenze rivali come Russia e Cina, ma anche soggetti statali e non statali eterogenei, fino ad arrivare – provocatoriamente, ma non senza fondamento – a includere organizzazioni umanitarie e movimenti pacifisti. L'autore insiste sul rischio di una visione paranoica e totalizzante della sicurezza, nella quale ogni differenza o dissenso viene ricondotto a una minaccia esistenziale.
Tale dilatazione semantica del concetto di "guerra" – che finisce per inglobare terrorismo, criminalità, migrazioni e persino il dissenso ideologico – risponde, secondo Mini, a logiche politiche che servono a giustificare l'esistenza e l'espansione della NATO in un mondo post-bipolare. È in questa chiave che l'alleanza atlantica si trasforma, nel giudizio dell'autore, in uno strumento di pressione geopolitica funzionale agli interessi statunitensi, più che in un organo multilaterale di sicurezza collettiva.
Ampio spazio è riservato anche al ruolo dell'Europa, descritta come vittima collaterale della trasformazione della NATO. Mini denuncia la crescente subalternità dei Paesi europei rispetto agli indirizzi strategici statunitensi, accentuata dall'assenza di una politica estera e di difesa comune effettiva. In questo quadro, l'autore interpreta l'interventismo atlantico non solo come un fattore destabilizzante per le relazioni internazionali, ma anche come una causa della progressiva perdita di autonomia del continente europeo.
Particolarmente pungente è la riflessione sull'attuale conflitto russo-ucraino, che Mini inquadra come esito diretto di un'espansione irresponsabile e provocatoria dell'Alleanza verso est. Senza indulgere in giustificazionismi, l'autore suggerisce tuttavia la necessità di ripensare radicalmente le logiche di sicurezza collettiva, in un'ottica multipolare e realmente cooperativa.
Fabio Mini scrive con l'autorevolezza di chi ha vissuto dall'interno le strutture della NATO e i teatri operativi più delicati dell'ultimo trentennio. La sua esperienza, che include incarichi apicali presso il Comando NATO del Sud Europa e la guida della missione in Kosovo, conferisce al testo una credibilità analitica rara e una profondità prospettica che difficilmente si trova in opere di taglio simile. Tuttavia, è altrettanto evidente che il libro non ambisce alla neutralità, ma piuttosto a una presa di posizione netta, ancorché argomentata, contro una deriva che l'autore considera pericolosa e autodistruttiva.
Non mancano passaggi polemici, a volte aspri, soprattutto nei confronti della retorica mediatica occidentale e dell'acquiescenza politica dei Paesi membri. Tuttavia, la forza dell'opera non risiede nella provocazione, bensì nella capacità di mettere in discussione una narrazione dominante con strumenti propri della strategia, della geopolitica e del diritto internazionale.
"La NATO in guerra" è un saggio coraggioso, che sfida molte delle assunzioni più consolidate sul ruolo dell'Alleanza Atlantica nel mondo contemporaneo. Sebbene la sua tesi possa apparire radicale o controversa a lettori legati a una visione più convenzionale della sicurezza euro-atlantica, la ricchezza di argomenti e l'acume analitico rendono questo volume un contributo prezioso al dibattito. La chiarezza dello stile, unita alla solidità delle fonti e all'esperienza diretta dell'autore, ne fanno un testo utile per comprendere non solo "come siamo arrivati a questo punto", ma anche quali alternative possono (e devono) essere pensate.
In un'epoca in cui la guerra torna a imporsi come orizzonte quotidiano del pensiero politico, il libro del generale Mini ci ricorda che la difesa della pace non può prescindere dalla critica dei suoi strumenti più ambigui.
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