Gilbert Keith Chesterton
Ciò che non va nel mondo
Lindau, pagg.312, € 23,00
"Ciò che non va nel mondo" di Gilbert Keith Chesterton rappresenta un'opera unica per profondità, arguzia e inattualità provocatoria. Scritto nel 1910, questo saggio conserva una freschezza di analisi sorprendente, al punto da risultare in certi tratti più incisivo di molte riflessioni contemporanee. L'autore, giornalista, romanziere e polemista dalla prosa tagliente, offre in queste pagine una diagnosi complessa dei mali della civiltà occidentale e suggerisce, con tono tra il sarcastico e il profetico, alcune cure radicali.
Pubblicato in piena età edoardiana, "What's Wrong with the World" nasce in un'Inghilterra attraversata da trasformazioni profonde: la seconda rivoluzione industriale, l'espansione dell'impero coloniale, i fermenti del suffragismo e l'emergere del pensiero socialista e sindacalista. In questo clima, Chesterton non assume una posizione reazionaria in senso stretto, né si pone nel solco delle nascenti ideologie progressiste. La sua prospettiva è, piuttosto, quella di un critico radicale di entrambe: egli rifiuta sia la visione utopica e meccanicistica della sinistra marxista, sia il conservatorismo borghese che difende lo status quo economico in nome dell'efficienza produttiva.
La sua visione si radica in una concezione profondamente cristiana dell'uomo e della società, e si concretizza nel progetto del distributismo, un'alternativa economica fondata sulla diffusione capillare della proprietà privata dei mezzi di produzione. Tale proposta, sostenuta insieme con l'amico Hilaire Belloc, si ispira all'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII e si oppone tanto al collettivismo quanto al capitalismo monopolistico.
Uno dei bersagli principali di Chesterton è l'alienazione dell'individuo, che egli coglie come effetto congiunto di due opposti estremismi: il capitalismo industriale e il socialismo rivoluzionario. Nel primo caso, l'uomo è ridotto a ingranaggio della macchina produttiva; nel secondo, viene ridefinito astrattamente secondo schemi ideologici. Entrambe le vie, secondo Chesterton, implicano la negazione dell'autentica umanità dell'individuo, costretto ad adattarsi a strutture sociali disumane, invece di essere posto come centro e fine dell'ordine civile.
Un elemento particolarmente attuale dell'opera è il rigetto delle "leggi sociologiche" che pretendono di rimpiazzare i fondamenti etico-religiosi della civiltà. Chesterton anticipa qui molte critiche che saranno poi fatte alla tecnocrazia e alla riduzione dell'etica a fenomeno statistico. Egli denuncia la presunzione di alcune scienze sociali di ergersi a guide morali, sostituendo alla legge divina un sistema di norme flessibili e autoreferenziali, che finiscono per giustificare ogni tipo di arbitrio in nome del progresso.
Tra le sezioni più controverse, vi è la critica al femminismo dell'epoca. Lungimirante ma in alcuni passaggi inevitabilmente segnato dai limiti culturali del tempo, Chesterton accusa il movimento femminista di aver adottato criteri maschili per rivendicare l'emancipazione, cadendo nella trappola di uno snaturamento dell'identità femminile. La donna, secondo l'autore, non si emancipa assumendo ruoli maschili, bensì riaffermando la propria alterità. Tale tesi invita a riflettere sul rischio di omologazione in alcune lotte per l'uguaglianza, un tema ancora oggi oggetto di dibattito nella cosiddetta teoria di genere.
Un altro punto cruciale è la riflessione sul sistema educativo, denunciato come progressivamente centralizzato e spersonalizzante. Chesterton difende il diritto dei genitori di educare i figli secondo i propri valori e si oppone a un sistema scolastico che si erige a nuova autorità morale, svincolata dalle comunità naturali. In ciò anticipa alcune battaglie contemporanee sul pluralismo educativo e la libertà scolastica.
Il fulcro del pensiero chestertoniano rimane tuttavia la famiglia, intesa non come istituzione statica, bensì come cellula dinamica di libertà e di solidarietà autentica. Essa è l'unico ambito in cui l'uomo può vivere secondo la sua natura, sottratto alle logiche oppressive dello Stato o del mercato. La difesa della famiglia come spazio primario dell'esperienza umana non è fondata su sentimentalismo, ma su un'antropologia precisa: l'uomo è un essere relazionale, che realizza se stesso attraverso legami concreti, non attraverso l'astrazione collettiva o l'individualismo assoluto.
L'alternativa proposta da Chesterton non è né rivoluzionaria né conservatrice in senso convenzionale. Il distributismo si presenta come un modello radicalmente decentrato, in cui la proprietà privata non è privilegio di pochi, ma diritto concreto per la maggioranza. La visione sottostante è quella di una società fondata su piccoli proprietari indipendenti, capaci di sostenere la propria famiglia, di gestire il proprio lavoro e di partecipare alla vita civile in modo responsabile. Una visione che, pur lontana dalle dinamiche macroeconomiche attuali, conserva un alto valore provocatorio in un'epoca dominata dalle oligarchie finanziarie.
La prosa di Chesterton è una delle caratteristiche più riconoscibili dell'opera. Densa di ironia, ricca di paradossi e aforismi fulminanti, essa affascina per la sua vitalità e, al tempo stesso, obbliga a una lettura attenta e non superficiale. L'autore riesce a coniugare il rigore dell'analisi con una vena umoristica che alleggerisce ma non banalizza i temi trattati. La struttura del testo non segue un ordine sistematico, ma procede per accumulo e digressione, secondo lo stile tipico del saggio divulgativo anglosassone.
A oltre un secolo dalla pubblicazione, "Ciò che non va nel mondo" rimane un testo di straordinaria attualità. Le sue critiche alla spersonalizzazione dell'individuo, all'invadenza dello Stato, alla mercificazione del lavoro e alla distruzione della famiglia risuonano con forza in una società in cui molte di queste dinamiche si sono accentuate. L'opera, pur essendo figlia del suo tempo, parla al nostro presente con una voce scomoda ma necessaria. È una riflessione sulla condizione umana moderna, espressa con l'intelligenza, la fede e il coraggio di uno dei pensatori più originali del suo tempo. Chesterton non offre soluzioni facili, ma propone un criterio di giudizio alternativo, radicato nell'umanità concreta, nella dignità della persona e nella possibilità di costruire un ordine sociale più giusto e veramente umano.
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