Fascismo 1919. Intervista con Francesco Germinario Stampa E-mail

Fascismo 1919
Intervista con Francesco Germinario

a cura di Francesco Algisi

 

germinario_fascismo1919  Francesco Germinario collabora con la Fondazione “Luigi Micheletti” di Brescia. Ha pubblicato volumi sull’antisemitismo, il pensiero politico di Georges Sorel, la cultura di destra del Novecento, fra i quali: Estranei alla democrazia. Negazionismo e antisemitismo nella destra radicale italiana (BFS, 2001); Fascismo e antisemitismo. Progetto razziale e ideologia totalitaria (Laterza, 2009); Costruire la razza nemica. La formazione dell’immaginario antisemita tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento (UTET, 2010); Céline. Letteratura politica e antisemitismo (UTET, 2011), Argomenti per lo sterminio. L’antisemitismo e i suoi stereotipi nella cultura europea, 1850-1920 (Einaudi, 2011). Il suo ultimo libro è intitolato Fascismo 1919. Mito politico e nazionalizzazione delle masse (BFS, pagg.208, Euro 18,00).

  Prof. Germinario, quali sono gli elementi caratteristici del fascismo diciannovista?

  Mi limito a evidenziare un aspetto. Il fascismo diciannovista intendeva difendere l’esperienza della guerra da quelle culture e forze politiche che alla guerra si erano opposte e che nel dopoguerra aprono il processo alla guerra – o almeno in tal senso vengono interpretate dal fascismo.  È da chiedersi se possiamo interpretare questa posizione come il tentativo di mantenere quel livello – e soprattutto quel modello – di nazionalizzazione delle masse conseguito con la guerra.

  Il fascismo delle origini possedeva già una vocazione teorico-politica di tipo totalitario?

  La risposta è naturalmente molto complicata; è un problema che si trascina da tempo nel dibattito storiografico ed è da ipotizzare che quest’ultimo lo abbia ereditato dal fascismo medesimo. Mi limito a rispondere con un’altra domanda: possiamo ipotizzare, quando si discute del concetto di «totalitarismo», che le culture politiche che dettero vita ai sistemi totalitari non presentassero già, nella loro fase antisistemica, alcuni aspetti che sarebbero poi maturati in seguito? 

  Come può essere definita la «visione mitica della politica»?

  È quella visione che, in polemica col liberalismo e il socialismo, presume che il Futuro sia tutt’altro che definito; e dunque investe sull’attivismo quale risorsa per rideterminare un Futuro differente da quello del pensiero politico liberale, incentrato sull’affermazione della libertà, e da quello socialista, convinto della realizzazione della società senza classi. 

  Lei sembra ricondurre il fascismo diciannovista nell’ambito della “destra antipluralista del Novecento” (cfr. pag.46)…

  Per essere più precisi, potremmo anche parlare di una «destra nazionalrivoluzionaria», ossia di una destra che si pone sul terreno della contestazione della società borghese liberale quale condizione politica necessaria per affermare il mito politico della nazione. 

  Il pensiero di Georges Sorel esercitò un’influenza sul fascismo delle origini?

  È necessaria qualche distinzione. Almeno per riferirci agli intellettuali, ve ne furono alcuni (è il caso di Panunzio e di Lanzillo) formatisi in età giovanile sui testi di Sorel. Quali suggestioni portò nel fascismo, specie in quello delle origini, il sorelismo italiano in età giolittiana, è un problema su cui la ricerca storica italiana (mi riferisco a Emilio Gentile, ad esempio) ha già espresso giudizi a mio avviso condivisibili. Quanto poi all’influenza diretta di Sorel, credo sia stata inesistente: dal 1917-18 Sorel è su posizioni filobolsceviche, convinto che Lenin e i bolscevichi siano gli affossatori delle democrazie e dei sistemi democratici. 

  Sussiste qualche analogia tra la visione mitica di Sorel e quella del primo fascismo?

  Credo che all’aggettivo «mitico» non corrisponda l’identità del concetto. Per Sorel è forte l’identificazione fra il mito e il protagonismo rivoluzionario del proletariato; nel fascismo, soprattutto in quello diciannovista, quest’identità scompare. Rimangono l’attivismo e l’opposizione a quella visione predefinita del Futuro, cui si accennava in precedenza. 

  Lei scrive che il progetto di un nazionalismo rivoluzionario di massa del fascismo diciannovista identificava “individuo e nazione, nella misura in cui il primo avvertiva la seconda nel proprio animo” (pag.130). Si ritrovano qui le tracce del pensiero di Giovanni Gentile?

  Gentile svolge un ruolo pressoché inesistente nel fascismo delle origini. Di più: mi sembrano inesistenti i richiami fascisti a Gentile nel 1919-1921. Non si può argomentarlo con dovizia di particolari in questa sede; si può solo affermare che in Gentile si ritrova certamente il problema del rapporto fra individuo e nazione su cui insiste una cultura politica, come quella del fascismo delle origini, intesa a rafforzare il processo di nazionalizzazione delle masse. Tuttavia, il nazionalismo rivoluzionario, almeno quello che gravita attorno ai Fasci nel 1919, presenta una carica eversiva che non si ritrova in Gentile, semmai è più affine alle posizioni futuriste. 

  In che senso il nazionalismo rivoluzionario di massa presentava qualche aspetto “democratico” (cfr. pag.133)?

  In questo panorama storico-politico, «democratico» è naturalmente da intendere nel senso della consapevolezza della necessità di appoggiarsi, se non di mobilitare, le masse nei processi politici.

  Quali aspetti del fascismo del ’19 possono autorizzare a parlare di “bolscevismo nero” (cfr. pag.174)?

  Quella del «bolscevismo nero» mi sembra una categoria politica suggestiva, ma, a mio avviso, proprio perché politica, è valoriale e, in fin dei conti, fuorviante nel descrivere la crisi della società liberale. Mi si permetta di sintetizzare una questione storiografica così complicata con una battuta interrogativa: visto che s’intende vedere nel fascismo una forma di bolscevismo appunto «nero» - dove per “bolscevismo”, se intendo bene, è da ritenersi una pratica di radicalizzazione della lotta politica -; ebbene, perché non vedervi allora una forma di «bolscevismo della piccola borghesia»?

 

30 aprile 2012

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